Oltre 40 miliardi di euro di esposizione totale, che salgono a 54 se si considera anche la quota versata da Roma al fondo salva Stati e a 65 aggiungendo la liquidità di emergenza concessa alle banche greche. Sono le cifre in ballo per l’Italia se Atene farà default e uscirà dall’area euro. Occorre chiarire che non è detto che le casse pubbliche italiane siano destinate a non rivedere mai più quei soldi, anche perché è già previsto che una parte dei prestiti sia rimborsata molto in là nel tempo. Ma recuperare tutto sarà indubbiamente difficile.

La Penisola ha versato al Paese ellenico 10 miliardi di euro di prestiti bilaterali ai tempi del primo pacchetto di salvataggio, nel 2010-2011. La restituzione delle prime rate è in calendario a partire dal 2020. In più ci sono gli aiuti che consistono nel contributo dell’Italia al Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf): si tratta di 23,3 miliardi su 130 complessivi. Un’altra fetta di esposizione, vicina ai 7 miliardi, è legata alla partecipazione italiana al sistema costituito da Bce e banche centrali nazionali, che ha in pancia oltre 25 miliardi di titoli di Stato greci.

esposizione al debito grecoNel 2012 l’Efsf è stato sostituito dall’European stability mechanism (Esm), meglio noto come fondo salva Stati, a cui Roma ha versato 14,2 miliardi. Per ora l’Esm non è intervenuto nella crisi greca, ma potrebbe essere chiamato a intervenire in caso si renda necessario un altro salvataggio. Infine, attraverso la sua partecipazione al capitale dell’Eurotower la Banca d’Italia fornisce liquidità alle banche greche attraverso il sistema di ultima istanza Emergency liquidity assistance (Ela). In questo caso in gioco ci sono ci sono circa 11 miliardi sugli 89 messi a disposizione da Francoforte agli istituti. Se le banche non saranno in grado di restituirli, l’istituzione guidata da Mario Draghi potrà rifarsi vendendo i titoli presentati come garanzia, ma potrebbe non essere sufficiente per ripagare del tutto il mancato rimborso.

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