Le assunzioni ci saranno, ma la riforma sarà completata in due fasi. Il governo prova il tutto per tutto per far approvare il ddl Buona Scuola in tempo. Il provvedimento arriverà in Aula mercoledì 24 giugno, ma senza che la commissione abbia dato il suo via libera: le opposizioni non hanno ritirato le 3mila richieste di modifica e Matteo Renzi, a differenza di quanto promesso, sembra intenzionato a chiedere la fiducia sul maxiemendamento che contiene i punti principali della riforma e che è stato depositato in mattinata dai relatori Francesca Puglisi (Pd) e Franco Conte (Ap). L’ipotesi è stata approvata anche dal Consiglio dei ministri in serata “nel caso fosse necessario”. La maggioranza intanto si difende: “E’ stata una scelta obbligata”, ha commentato il democratico Andrea Marcucci. Ma le opposizioni protestano. “Se restano così le cose”, ha ribattuto Gian Marco Centinaio della Lega Nord, “noi usciremo dall’Aula”.

Il maxiemendamento è un tentativo di venire incontro alle richieste di modifica, anche se di fatto la struttura del provvedimento rimane invariata. La prima novità riguarda il piano straordinario assunzioni. Nell’infornata promessa da Renzi per il prossimo anno scolastico, a patto che venga votato il “pacchetto scuola” nei termini stabiliti dalla maggioranza, vengono inglobati tutti gli idonei al concorso a cattedre 2012, non solo i vincitori come già previsto dall’articolo 10. Parte dei nuovi assunti a tempo indeterminato servirà a sostituire i turn over (circa 30mila posti) e i posti vacanti (circa 15mila) finora ricoperti con le supplenze. I precari esclusi da questa lista (oltre 50mila), invece, vengono ammessi con un’assunzione giuridica di un anno. E da settembre 2016 finiranno nell’organico potenziato aggiuntivo.

Un esercito di precari rimane comunque appeso al vuoto. Il sindacato Anief ricorda che sono 70mila quelli che ricorreranno in tribunale, “chi ha frequentato i corsi di abilitazione Pas o i Tfa ha diritto all’assunzione, non a pillole amare presentate come regali”. Tra gli esclusi ci sono anche “coloro che hanno conseguito il titolo all’estero e in Scienze della formazione primaria dopo il 2011”. Secondo il presidente Anief Marcello Pacifico, “chiunque si candidi a fare l’insegnante ed è stato abilitato dallo Stato, o ha avuto un titolo riconosciuto, ha diritto a essere immesso a pieno titolo nelle graduatorie per concorrere alle assunzioni”.  

La seconda modifica invece introduce la valutazione dei dirigenti scolastici, a cadenza triennale, affidata a degli ispettori nominati dal Miur. Tra i criteri per il giudizio ci sarà anche la competenza gestionale del dirigente, il miglioramento delle prestazioni scolastiche dell’istituto, che tiene conto dei risultati dei singoli studenti e del successo di insegnanti e personale Ata. Nelle 40 pagine del maxiemendamento, spunta anche un nuovo comitato di valutazione del merito dei docenti, che dovrà essere formato da tre insegnanti dello stesso istituto (di cui due scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio di istituto), un componente esterno (selezionato tra docenti, dirigenti scolastici e tecnici dell’ufficio scolastico regionale), due rappresentanti di genitori nella scuola fino al primo ciclo (infanzia, prima e secondaria di primo grado), oppure da un rappresentante dei genitori e uno degli studenti nel secondo ciclo. Nel triennio pilota 2016-2018 le schede verranno raccolte dagli uffici scolastici regionali e consegnate al Miur, che sulla base dei dati ricevuti, elaborerà le linee guida per la valutazione del merito dei docenti, in sinergia con le parti sociali e le associazioni di categoria, da rivedere periodicamente. Quarta aggiunta: il dieci per cento dello school bonus dovrà essere destinato alle scuole che avranno ricevuto donazioni sotto la media nazionale. In più, è stato messo un tetto al credito di imposta di centomila euro.

Altro punto importante è il fatto che entro il 1 dicembre dovrà essere emanato il bando per l’assunzione di docenti. Si stabilisce infatti al comma 113 che il ministero dell’Istruzione “ferma restando la procedura autorizzatori” dovrà bandire entro il 1° dicembre 2015 “un concorso per titoli ed esami per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche ed educative statali”, per la “copertura, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, di tutti i posti vacanti e disponibili nell’organico dell’autonomia, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio”.

Per l’opposizione il maxiemendamento è solo fumo negli occhi. Nessuno è disposto a gettare la spugna e le opposizioni, nel caso di un voto di fiducia, annunciano che daranno battaglia. “Io mi astengo” ha dichiarato Corradino Mineo, che insieme a Walter Tocci, tutti e due della minoranza democratica, bocciano l’ultima versione del ddl sia “nel metodo” che “nella sostanza”. “Nessuno dei problemi che hanno creato la protesta della scuola è stato risolto – scrivono in una nota su Facebook -. Rimane confermato il potere di chiamata del preside che cancella la libertà di insegnamento e apre la breccia al clientelismo, all’aumento delle diseguaglianze, alle scuole di tendenza ideologica proprio mentre premono alle porte i fondamentalismi”. Ribadiscono che “si finanziano i ceti medio alti con i bonus fiscali mentre viene azzerato il fondo delle borse di studio per i ceti meno abbienti”. E se da una parte il governo insiste sull’autonomia delle scuola, dall’altra “non si restituiscono alle scuole i soldi per il funzionamento ordinario, costringendo gli insegnanti a fare la questua con i genitori, una sorta di aumento nascosto delle tasse per le famiglie”.

La presidente del gruppo Misto-Sel Loredana De Petris e la senatrice Alessia Petraglia (Sel) sottolineano che il maxiemendamento ignora completamente le loro critiche. “Quanto all’alibi dei ‘tempi stretti’, sbandierato anche oggi dal presidente della commissione  Marcucci – dicono De Petris e Petraglia –  non ci stancheremo mai di sbugiardare il governo. Il solo ostruzionismo è stato fatto dal governo e dalla maggioranza, che hanno letteralmente impedito alla commissione di lavorare e votare con il solo obiettivo di evitare che il Parlamento sovrano potesse esprimersi”. Dura anche la reazione dei parlamentari del Movimento Cinque Stelle: “Il testo di sintesi non cambia l’impianto sostanziale della riforma: resta il preside manager, resta la chiamata diretta, resta l’ingerenza dei privati nella scuola pubblica statale e gli sgravi per le paritarie. Resta, in sostanza, tutto ciò che il M5S e l’intero mondo della scuola contestano da mesi”.

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