È l’uomo che per primo ha incarnato la cosiddetta rivoluzione antimafia di Confindustria Sicilia. È stato il primo frontman della riscossa degli imprenditori siciliani contro il racket delle estorsioni. E se negli ultimi tempi molti dei suoi storici compagni di battaglia sono finiti nella polvere, tra indagini per mafia, condanne e arresti, lui continua comunque la sua corsa, raccogliendo incarichi e poltrone in nome di un unico fine, sempre lo stesso: l’antimafia. Un verbo che per il prossimo triennio Ivanhoe Lo Bello, per tutti semplicemente Ivan, continuerà a diffondere dalla poltrona più alta di Unioncamere: l’imprenditore siciliano, infatti, è stato eletto nuovo presidente dell’associazione che rappresenta tutte le camere di Commercio del Paese.

Cinquantadue anni, presidente della camera di commercio di Siracusa, titolare della Lo Bello Fosfovit, azienda che si occupa di prodotti dietetici per bambini, Lo Bello inizia la sua scalata nel 1998, quando a soli 35 anni viene eletto consigliere d’amministrazione del Banco di Sicilia: ad indicarlo è Giuseppe Provenzano, all’epoca presidente della Regione Siciliana, espressione di Forza Italia, già noto alle cronache giudiziarie dal 1984, quando viene colpito da un mandato di custodia cautelare firmato da Giovanni Falcone. Il futuro presidente della Regione è sospettato di essere l’amministratore dei beni di Saveria Palazzolo, una signora ufficialmente nullatenente ma che gestisce un patrimonio miliardario, dato che è la compagna del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano.

Le accuse nei confronti dell’ex presidente della Regione verranno ritirate poco dopo, ma archiviando il suo caso il giudice istruttore Giuseppe Di Lello, scriverà: “Giuseppe Provenzano è da ritenersi una sorta di consigliere della famiglia dei corleonesi, ma, non essendoci prove sufficienti della conoscenza da parte del Provenzano, della illiceità delle somme, si reputa conforme a giustizia prosciogliere l’imputato”. Parole pesanti che non influiranno nella scalata politica di Provenzano, così come quella nomina raccolta da un presidente che gestiva i fondi dei corleonesi non intaccherà mai la fama antimafiosa di Lo Bello, che al Banco di Sicilia farà carriera: nel gennaio del 2008 viene eletto vicepresidente, nell’aprile dello stesso anno diventa presidente e rimane in sella fino al 2010 quando il Bds viene incorporato dall’Unicredit.

Nel frattempo Lo Bello ha già conquistato notorietà nazionale: nel 2006, infatti, viene eletto presidente di Confindustria Sicilia. Da leader degli imprenditori dell’isola, lancia una sfida inedita: cacciare dall’associazione di categoria gli imprenditori che pagano il pizzo. Una regola che è alla base del nuovo codice etico varato da Confidustria durante la sua presidenza: per la prima volta si parla di espulsione non solo per gli imprenditori collusi con Cosa Nostra, ma anche per quelli che abbassano la testa di fronte alle richieste estorsive senza denunciare. Una battaglia che appare rivoluzionaria nell’isola dove Cosa Nostra spreme le imprese, ripulendo profitti illeciti per milioni. Al fianco di Lo Bello, c’è Antonello Montante, lo storico alleato, sempre al suo fianco in ogni occasione pubblica, che gli fa da vice in Confindustria Sicilia, per poi prenderne il posto nel 2012, quando Lo Bello sarà nominato vicepresidente nazionale dell’associazione di viale dell’Astronomia.

Sono gli anni in cui la coppia Lo Bello – Montante incide non solo negli equilibri imprenditoriali isolani, ma anche su quelli politici:nel 2009, infatti, Confindustria appoggia il ribaltone compiuto dal governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, che abbandona il centro destra e si allea con il Pd. Regista dell’operazione è il senatore Giuseppe Lumia, mentre Lo Bello e Montante indicano in Marco Venturi il nuovo assessore alle attività produttive. Una poltrona che dal 2012 passerà a Linda Vancheri, indicata sempre da Confindustria come nuovo assessore di Rosario Crocetta, eletto presidente grazie al sostegno decisivo della coppia Lo Bello – Montante.

La parabola confindustriale però ad un certo punto inizia ad incrinarsi. La prima “botta” arriva da Caltanissetta, dove la procura guidata da Sergio Lari iscrive nel registro degli indagati Antonello Montante, con un’accusa pesantissima: concorso esterno in associazione mafiosa. Ad accusarlo ci sarebbero le dichiarazioni di cinque collaboratori di giustizia, e da più parti arrivano richieste di dimissioni, Lo Bello però si schiera dalla parte del suo antico sodale.”Montante deve restare al suo posto, deve continuare nel suo ruolo. Gode della fiducia di tutto il sistema confindustriale per la sua storia che non può essere scalfita dalla scarsissima credibilità di soggetti, di pseudo-pentiti interessati solo a delegittimare” diceva il neo presidente di Unioncamere, che però si guarderà bene da rilasciare dichiarazioni simili poche settimane dopo, quando nella bufera finisce il presidente della Camera di Commercio di Palermo.

Ad incastrare Roberto Helg, però, non ci sono le dichiarazioni di pentiti ma una registrazione: il presidente della Camera di Commercio di Palermo verrà arrestato in flagranza di reato, poco dopo aver chiesto una tangente da centomila euro al pasticcere Santi Palazzolo. “E’ una vergogna incrociare vicende tutte da riscontrare con inchieste su mazzette, ovvero episodi completamente scollegati fra loro”, dichiarerà il dirigente di Confindustria, replicando a chi collegava il caso Helg con quello Montante. Nel frattempo arrivano, tra le polemiche, le dimissioni di Salvo Ferlito da presidente di Ance Sicilia (l’associazione dei costruttori edili di Confindustria) dopo una condanna a tre anni per mafia. Nessun commento anche dopo che la sezione di Siracusa di Confindustria viene commissariata: al posto di Francesco Siracusano, ex capo del personale Erg-Isab, dichiarato decaduto dal collegio dei probiviri, ecco Ivo Blandina, imputato per truffa ai danni della Regione Siciliana. Solo l’ultimo dei suoi sodali finito coinvolto da seccature giudiziarie, mentre la carriera di Lo Bello procede ormai spedita verso vette sempre più alte.

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