L’operazione di salvataggio del Parma Fc finisce con un buco nell’acqua e per la società ducale il sogno di rimanere nelle serie professionistiche termina bruscamente e si apre lo scenario più terribile della retrocessione in D. Dopo tre mesi vissuti attaccato a un filo, nessun cavaliere bianco ha bussato alla porta del club sprofondato dai debiti della vecchia gestione dell’ex presidente Tommaso Ghirardi e dell’ad Pietro Leonardi e dichiarato fallito lo scorso 19 marzo. Le due cordate interessate all’acquisizione, quella del manager Giuseppe Corrado e del figlio Giovanni, e quella dell’ex campione americano di baseball Mike Piazza, si sono ritirate a poche ore dalla scadenza della presentazione delle offerte dopo la trattativa privata portata avanti nell’ultima settimana con i curatori fallimentari e il benestare del Tribunale.

La speranza era di rimanere con la squadra in B, di riuscire a mantenere il titolo sportivo, di salvare l’azienda e i dipendenti, e anche la rosa del settore giovanile, quello che ha sempre continuato a vincere nonostante la crisi. Ma alla fine ogni tentativo è tramontato. Colpa del debito sportivo, sfoltito ma ancora troppo alto, pari a oltre 22,6 milioni messi nero su bianco dal giudice delegato pochi giorni fa, ma soprattutto delle incertezze su futuri contenziosi, sugli impegni contrattuali ancora in essere per i prossimi anni con molti degli oltre 200 tesserati, e ancora delle poche garanzie di Lega e Figc, che tanto si erano spese nella crisi del Parma Fc, quando ancora, oltre alla squadra e ai dipendenti, c’era soprattutto un campionato da salvare.

Fatto sta che il 22 giugno, al termine fissato per presentare le offerte, nessuna nuova proprietà si è voluta far carico del destino del Parma Calcio, che così ha perso ogni possibilità di rimanere in serie B. Il primo a fare un passo indietro la sera del 21 giugno è stato il gruppo di Corrado, che aveva messo in piedi la Spa Magico Parma per acquisire il club, che ha dichiarato “impraticabile ogni percorso economico” proprio a causa dell’investimento troppo rischioso. Neanche dodici ore dopo è stata la volta di Piazza con la sua società Nuovo Parma Calcio Srl: “Con grande tristezza e rammarico devo comunicare l’abbandono della trattativa per l’acquisizione del Parma Fc – ha annunciato – Comprendo e condivido l’amarezza dei tifosi del Parma per questa decisione. Assieme ai co-investitori nel progetto non abbiamo ritenuto sostenibili gli investimenti necessari per coprire le passività attuali e future di una squadra il cui avviamento è stato fortemente pregiudicato”. Si cancella così la storia centenaria del club emiliano che in questi anni ha collezionato trionfi e scalato classifiche fino all’Europa, scampando miracolosamente al crac Parmalat del 2003, ma si chiude anche l’anno nero del calcio ducale cominciato a maggio 2014 con l’addio di Ghirardi e il sogno sfumato dell’Europa League.

Era la prima avvisaglia di quello che sarebbe successo di lì a pochi mesi, con il ritorno del presidente seguito da un nuovo abbandono e improbabili cessioni della società prima alla cordata russo-cipriota di Rezart Taci e poi all’imprenditore di Limbiate Giampietro Manenti, arrestato alla vigilia del fallimento del club per tentato reimpiego di capitali di provenienza illecita. In mezzo, i debiti di oltre 218 milioni di euro lasciati dalla vecchia dirigenza, l’indagine per bancarotta fraudolenta che vede coinvolti tra gli altri Ghirardi e Leonardi, le ispezioni della Guardia di Finanza nel centro sportivo di Collecchio, negli uffici dello stadio Tardini e nelle sedi delle istituzioni calcistiche nazionali, le denunce per truffa e le ingiunzioni di pagamento. Senza dimenticare gli stipendi non pagati per mesi a dipendenti e calciatori, che hanno comunque continuato fino alla fine a fare il loro lavoro e a sperare di poter continuare a far parte del club.

Le speranze però si sono infrante il 22 giugno, tre mesi dopo il fallimento e il lavoro dei curatori fallimentari Alberto Guiotto e Angelo Anedda, che sono riusciti a tagliare il debito sportivo da 79 a 22,6 milioni di euro e a trattare con i creditori per rendere più appetibile il “pacchetto Parma”. In questi mesi sono state sei le aste andate deserte per la vendita della società a un prezzo base di 20 milioni di euro ribassato fino a 4,5. Tutti tentativi che però non sono valsi a nulla, fino alle trattative private con i due offerenti, entrambi con solide coperture finanziarie alle spalle, che però poco prima di firmare hanno valutato l’operazione Parma Calcio troppo rischiosa e dispendiosa per un club già retrocesso in serie B. E che ora, dopo questa ultima negoziazione andata a vuoto, dalla massima serie dovrà ricominciare tutto daccapo nei Dilettanti.

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