“Abbiamo chiesto ed ottenuto che le quote” del meccanismo di ricollocamento “siano vincolanti per tutti e credo sia molto importante che per la prima volta si sia affrontato il tema del superamento di Dublino. C’è una consapevolezza diffusa che oggi Dublino non funziona più e questo è essenziale”. Ma “sui numeri occorre discutere ancora e certamente lo faranno i capi di Stato e di governo al prossimo consiglio”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano, a margine del Consiglio Affari Interni dell’Ue sulla gestione dell’immigrazione, in Lussemburgo. “Abbiamo ottenuto alcune cose che riteniamo molto positive – ha detto il capo del Viminale – la prima è che ci siano dati certi riguardo la chiusura del meccanismo di riallocazione dei profughi. La seconda questione è che il sistema del rimpatrio deve essere europeo, perchè questo rende più efficace la procedura”.

“Io dico che ci sono le condizioni perché l’Italia si faccia sentire – ha detto Matteo Renzi a Porta Porta, parlando del tetto alla distribuzione di profughi tra i paesi Ue – 24 mila sono i baci di Celentano (ha detto il premier in riferimento alla proposta della Commissione di redistribuire 24mila richiedenti asilo dall’Italia, ndr), se su un totale di 80mila richiedenti asilo ne sono redistribuiti 30-40 mila si va verso una gestione più saggia”. “I permessi temporanei sono un’arma di reazione che dobbiamo avere – ha detto ancora il premier rispondendo a chi gli domandava cosa accadrà in mancanza di accordo – ma l’accordo si chiude, l’Ue non si può permettere di essere solo una moneta, è interesse loro”.

In un un clima arroventato dallo scontro tra l’Italia e la Francia circa la chiusura della frontiera a Mentone da parte delle autorità transalpine si è tenuto il pre-vertice a quattro fra il commissario europeo responsabile dell’Immigrazione e Asilo, Dimitris Avramopoulos, il ministro dell’Interno italiano Alfano e i suoi colleghi francese e tedesco, Bernard Cazneuve e Thomas  de Maizière. Da settimane l’Europa è bloccata sul numero di richiedenti asilo da ricollocare, mentre dalla Libia barconi continuano a prendere il mare verso le coste italiane e greche. Per superare l’empasse, Francia e Germania hanno annunciato di aver presentato una proposta “per un compromesso” che metta assieme molti Paesi. “Su questo oggi di sicuro non ci sarà risultato, ma forse un corridoio per un compromesso”, ha detto de Maiziere, in un punto stampa congiunto col collega francese Cazneuve.

Sul tavolo dei ministri la proposta licenziata dalla Commissione Ue lo scorso 27 maggio: la redistribuzione (“relocation”) negli Stati membri di 40.000 siriani ed eritrei nei prossimi due anni da Italia (24.000) e Grecia (16.000). Lo scopo dell’incontro è chiaro: da una parte cercare di stemperare le tensioni fra Parigi e Roma dovute al blocco francese di Ventimiglia, considerando anche che sulla “relocation” la Francia è alleata dell’Italia; dall’altra, ed è la cosa più importante, trovare una linea comune fra la Commissione e i tre più grandi Paesi dell’Ue (il Regno Unito in questo caso è fuori perché ha un “opt-out” sulle misure e non partecipa al voto) che possa contrastare la fronda, molto forte, di tanti paesi dell’Europa dell’Est.

“C’è in ballo il diritto alla libera circolazione. La politica comune di asilo europea, il principio di responsabilità e il principio di solidarietà. L’immigrazione è il tema su cui l’Europa vince o perde, non c’è pareggio”, ha detto Angelino Alfano entrando al Consiglio, aggiungendo: “La scena di Ventimiglia è un pugno in faccia all’Europa”. “Diciamo sì ai ricollocamenti per i richiedenti asilo, secondo il meccanismo proposto dalla Commissione Ue”, ha detto il francese Cazneuve, che si è detto d’accordo anche per i finanziamenti degli hotspot, dove si dovranno smistare richiedenti asilo da migranti economici: “Pensiamo siano necessari e che la Commissione debba prenderne la gestione”.

Ma Parigi resta irremovibile sulla questione Ventimiglia, dove poco prima delle 8 è iniziato lo sgombero dei migranti che si trovavano sulla scogliera di Ponte San Ludovico e in una pineta nei pressi del confine francese: “Non c’è chiusura di frontiere tra Francia e Italia. Ci sono delle regole in seno all’Ue: Schengen (il trattato di libera circolazione, ndr) e Dublino (l’accordo che prevede che i richiedenti asilo vengano accolti dal Paese in cui hanno fatto richiesta, ndr). Se i migranti attraversano le frontiere, ed il loro arrivo è dall’Italia è normale vi siano riportati. Abbiamo degli accordi. Facciamo i controlli perché gli accordi siano rispettati”, ha detto ancora Cazneuve.

“Non vogliamo modifiche di Schengen, non vogliamo introdurre i controlli sistematici alle frontiere. Ma vi è un collegamento tra Dublino e Schengen. Se non viene soddisfatto il principio di responsabilità, allora si potrebbe arrivare alla fine della libera circolazione in Europa”, concorda con il collega il tedesco De Maiziere. “Noi non vogliamo che accada. Deve essere evitato – dice – ma tutti devono essere consapevoli del pericolo”.

Sulla proposta della Commissione gli Stati restano divisi. A parte Regno Unito, Irlanda e Danimarca, che possono contare su un “opt out” e non votano, fra i Paesi membri ad oggi Ungheria e Repubblica ceca sono contrari alla proposta, mentre a favore di uno schema volontario e non obbligatorio ci sono gli Stati baltici, Slovacchia e Slovenia, Croazia, Polonia, Bulgaria, Romania, Spagna e Portogallo, oltre alla Finlandia con qualche distinguo. A favore della proposta ci sono almeno 10 paesi: Italia, Grecia, Francia, Germania, Belgio, Olanda, Svezia, Cipro, Malta, Lussemburgo.

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