Franco Bassanini resiste agli attacchi di Matteo Renzi. Resta presidente della Cassa Depositi e Prestiti, ma è già in odore di commissariamento. Al momento Bassanini e l’ad di Cdp, Giovanni Gorno Tempini, sono infatti riusciti ad evitare un doloroso ribaltone che il Mef minacciava di provocare attraverso le dimissioni dei suoi cinque consiglieri e la conseguente decadenza dell’intero cda. Ufficialmente il consiglio di amministrazione del 16 giugno non ha toccato il tema del ricambio ai vertici della Cdp, ma ha solo dato l’ok all’ingresso nel fondo salva-imprese del Governo.

Ma come hanno fatto Bassanini e Gorno a restare in sella? Il merito è in buona sostanza delle Fondazioni bancarie, che, socie della Cdp (18,4%), hanno difeso pubblicamente l’operato dei due manager. Il presidente dell’associazione delle fondazioni e delle casse di risparmio (Acri), Giuseppe Guzzetti, ha infatti spiegato come il tandem Bassanini-Gorno abbia “fatto cose importanti” e ha ribadito come la missione della Cdp sia “far crescere il Paese” grazie alla potenza di fuoco dei risparmi postali degli italiani. Non certo trasformarsi in “una nuova Iri” come ha puntualizzato l’esponente delle Fondazioni alle quali per statuto spetta la nomina del presidente della Cassa Depositi e Prestiti. L’intervento di Guzzetti è servito nell’immediato ad evitare uno scontro frontale, ma non certo a cambiare i piani di Renzi che pensa ad un avvicendamento soft che faccia spazio all’ex banchiere Goldman Sachs, Claudio Costamagna, e all’attuale ad di Bnl, Fabio Gallia, citato a giudizio dai magistrati di Trani per presunta truffa nella vendita di prodotti derivati.

In attesa di raggiungere un accordo con le Fondazioni sul futuro della Cdp, il governo sta pensando di “commissariare” Bassanini attraverso l’allargamento del consiglio di amministrazione della Cdp e l’ingresso in scena di Stefano Firpo, dirigente dello Sviluppo Economico e Roberto Sambuco, ex Mise dove si è occupato dei bandi della società pubblica Infratel contro il digital divide prima di diventare capo della sede romana dello studio Vitale & Associati. Lo stesso studio di consulenza ingaggiato da Telecom nella trattativa, poi sfumata, per conquistare Metroweb.

Sul tema della fibra, le idee di Sambuco sono diverse da quelle di Bassanini che vorrebbe diffondere la banda larga fino a casa degli utenti attraverso un “condominio” pubblico-privato che ruota attorno a Metroweb. Per Sambuco, invece, lo Stato è piuttosto un “imprenditore a tempo” che “entro massimo dieci anni” “abbandoni l’investimento e rilasci al mercato l’infrastruttura costruita”. Ipotesi che però consentirebbe alle casse pubbliche di beneficiare solo in parte degli investimenti infrastrutturali realizzati.

Difficile quindi immaginare che Bassanini e Sambuco possano andare d’accordo sul tema della fibra che tuttavia, secondo il presidente di Telecom Giuseppe Recchi, non ha “alcun collegamento” con il ricambio ai vertici della Cdp. Per Recchi la strategia di Telecom, nel pieno di un riassetto azionario, è in sintonia con quella dell’esecutivo: il gruppo, ha spiegato, ha un “piano allineato con gli obiettivi del governo” per “portare la banda ad alta velocità in tutte le case degli italiani”. Un piano che, però, secondo Bassanini, grande sponsor dell’ingresso dell’Enel nella partita della fibra, prevede investimenti sufficienti a coprire solo qualche quartiere.

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