Whirlpool, la multinazionale degli elettrodomestici che ha previsto centinaia di esuberi nei suoi impianti italiani, è da anni al centro di una battaglia politica e sociale negli Stati Uniti. Il luogo dove si è accesa la battaglia si chiama Benton Harbor, Michigan. Adagiato sulle rive del lago Michigan, Benton Harbor è un paese di 10 mila persone, il 90% neri; le entrate medie a famiglia sono di 17 mila dollari (la media in Michigan è superiore ai 45 mila). A Benton Harbor, a parte un concorso di bellezza in primavera, non succede quasi niente. Il tono generale delle strade e delle case è anonimo, dimesso; metà degli abitanti vive al di sotto della soglia di povertà. In giro non c’è solo disperazione. Qui, poco lontano dal centro, ha il suo quartier generale Whirlpool: 20 miliardi di dollari di fatturato all’anno.

C’è una ragione perché la ricchezza della multinazionale non si riflette sulla gente della zona. Whirlpool ha chiuso i suoi impianti produttivi in zona; l’ultimo nel 2011. Delocalizzazione e de-industrializzazione hanno travolto le vite di molti da queste parti, anche se la società ha continuato a crescere. C’è una ragione, del resto, perché Whirlpool resta a Benton Harbor. La multinazionale non paga alla città alcuna forma di tassa; non paga nemmeno le bollette per l’acqua. Grazie ad un’aggressiva attività di lobbying, con 1,8 milioni di dollari investiti a Washington, Whirlpool ha ottenuto per il 2012 e il 2013 qualcosa come 120 milioni di incentivi fiscali. Niente di molto diverso, come scritto dal Boston Globe, da quello che hanno fatto altre società, “General Electric, Citigroup, Ford Motor Co… in grado di raggiungere, collettivamente, 11 miliardi di incentivi fiscali”.

Whirlpool ha poi una larga partecipazione in Cornerstone Alliance, una società di costruzioni cui si deve l’edificazione di Harbor Shores, progetto di case di lusso, hotel, centri commerciali e un ampio campo da golf, il Jack Nicklaus Signature, tutto di fronte al lago Michigan. L’Harbor Shores ha deforestato una parte del Jean Klock Park, affidato alla città con destinazione perpetua di verde pubblico e che invece è finito nelle mani di Cornerstone con la promessa di attirare turisti, affari, residenti con i soldi. In cambio di quest’atto di generosità, Cornerstone ha promesso di creare una pista ciclabile e una lunga passeggiata lungo il Paw Paw River. Peccato che quest’area, come testimoniato da documenti resi pubblici attraverso il “Freedom of Information Act”, sia probabilmente contaminata da rifiuti industriali. In compenso, la somma per diventare membro del Jack Nicklaus Signature è superiore al reddito annuale medio di un
residente di Benton Harper.

E’ a questo punto della storia che entra in scena il reverendo Edward Pinkney. O meglio, Pinkney a Benton Harbor è entrato in scena molti anni fa, quando ha cominciato a guidare le manifestazioni dei residenti neri contro il ritorno in zona del Klu Klux Klan, contro l’outsourcing delle manifatture locali, contro la povertà, la segregazione, l’imprigionamento di migliaia di neri nelle carceri americane. In particolare, Pinkney, 66 anni, è diventato una spina nel fianco del sindaco della città, James Hightower, accusato di essere “un fantoccio” nelle mani di Whirlpool. “Whirlpool, la classe dominante, vuole rubare la terra dei più deboli… Perché a Whirlpool deve essere concesso di non pagare le tasse, mentre i più poveri di Benton Harbor devono farlo?”. Con il suo gruppo, “Banco”, il reverendo ha martellato e martellato, sino a montare una campagna in larga scala contro sindaco e amministrazione, accusati di introdurre un
prestito forzoso a carico dei cittadini, per risanare il disastroso bilancio cittadino, senza chiedere un soldo a Whirlpool.

La campagna è sfociata in una petizione che chiedeva la decadenza del sindaco Hightower e nuove elezioni; una campagna per altro appoggiata da diversi consiglieri comunali. Uno di questi diceva: “Non ho mai visto così tanti cittadini frustrati. Pensano che il sindaco sia a favore delle multinazionali e non per la gente”. La petizione non è però mai arrivata nell’ufficio del governatore. Contro il reverendo Pinkney è stata infatti lanciata l’accusa di aver alterato parti della petizione. Nello specifico, Pinkney avrebbe cambiato la data delle firme, per farle rientrare nei 60 giorni di durata, per legge, della petizione. Il reverendo non avrebbe dunque aggiunto nomi posticci; avrebbe soltanto posticipato di qualche giorno la data della firma.

Anche su questo, in ogni modo, ci sono state interpretazioni diverse. Un esperto della Michigan State Police ha testimoniato sul fatto che sì, le alterazioni ci sono state, ma non è possibile valutare quando e chi le ha fatte. Nonostante i dubbi, e il fatto che l’accusa di aver alterato una semplice petizione elettorale sia di solito un reato minore – misdemeanor -, una giuria tutta bianca ha condannato il reverendo Pinkney e un giudice lo ha condannato a una pena che può raggiungere i 10 anni; che, per un uomo di 66 anni, equivale all’ergastolo. Oggi il reverendo Pinkney si trova nella Lakeland Correctional Facility – per la sua liberazione si sono battuti, tra gli altri, il Green Party e l’American Civil Liberties Union; il sindaco Hightower è rimasto al suo posto e Whirlpool continua nei suoi progetti di espansione immobiliare nella zona. Per pagare l’enorme debito, i residenti di Benton Harbor si sono intanto visti aumentare il costo
dell’acqua del 50%. Ha scritto il New York Times: “La giustapposizione tra la popolazione povera di Benton Harbor e i suoi monumenti alla ricchezza è una caricatura alla disparità economica in America”.

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