Nonostante timori e paure degli altri partner europei e nonostante la retorica del partito conservatore di governo, il fronte degli europeisti britannici per ora sembra essere molto più forte di quello degli euroscettici. Secondo un sondaggio di YouGov, il 55% dei cittadini del Regno Unito ora voterebbe per far restare il regno di Sua maestà all’interno dell’Unione europea, mentre gli euroscettici si fermano al 45%. La rilevazione, che è la più importante dopo il secondo mandato di David Cameron a seguito delle elezioni dello scorso 7 maggio, pone un freno quindi alle speranze di chi vuole la tanto temuta ‘Brexit’, l’uscita della Gran Bretagna da un progetto – quello europeo – ritenuto ormai fallito. Uscita temuta dagli industriali, innanzi tutto, con la Cbi (la Confindustria britannica) che più volte si è espressa contro l’idea di abbandonare Bruxelles. Ma temuta a quanto pare, stando al sondaggio, anche dal cittadino medio, che forse vede in un Regno Unito che corra da solo troppi pericoli per l’economia e la tenuta del Paese.

Del resto, e queste sono le cronache, diverse società finanziarie della City di Londra, così come altre diverse grandi imprese, hanno minacciato di lasciare la metropoli inglese e le rive del Tamigi in caso di uscita, per andare a insediarsi a Francoforte, a Parigi o a Monaco di Baviera. Certo però è che procede come un treno il progetto per indire un referendum forse già nel maggio del 2016, quindi l’anno prossimo. Secondo il programma elettorale iniziale di Cameron e dei Tory, la consultazione era prevista per il 2017, ma a Londra c’è fretta di capire che cosa veramente vogliano gli abitanti di un Paese che è ora una grande potenza mondiale ma nel caso di una dolorosa Brexit rischia sempre più, dicono in molti, di ritrovarsi ai margini. Allo scorso G7 che si è tenuto in Germania anche il presidente americano Barack Obama ha detto chiaramente che gli Stati Uniti vogliono il Regno Unito in un’Europa forte e autorevole. Cameron ha preteso il referendum sia per soddisfare l’ala più euroscettica del parlamento di Westminster (prevalentemente Tory) sia per inseguire sul campo lo United Kingdom Independence Party di Nigel Farage, alleato del MoVimento Cinque Stelle italiano a Bruxelles. Alle Europee del maggio 2014 l’Ukip ha preso quasi il 27%. Avendo fra gli obiettivi primari proprio quello dell’abbandono del recinto comunitario.

Ora, appunto, il sondaggio, che sicuramente darà da pensare a Cameron ma anche a quei parlamentari – sono almeno 50 – che hanno deciso di formare un gruppo per fare una vera e propria campagna a favore dell’uscita. Cameron qualche giorno fa era anche stato protagonista di un incidente. Parlando con alcuni giornalisti al G7 tedesco ha fatto capire di voler escludere dal partito chiunque facesse propaganda per la Brexit, chiedendo invece almeno un impegno formale di neutralità. Poi lo stesso Cameron ha smentito quelle parole, dicendo di essere stato “mal interpretato”. Rimane comunque il fatto che il premier Tory non ci sta a passare per quello “duro e puro” che vuole abbandonare Bruxelles in fretta e furia. Secondo molti analisti e commentatori, anzi, Cameron proprio non lo vorrebbe, ma qui si è nel campo della libera interpretazione.

Senza dubbio, però, Cameron vuole contrattare con gli altri partner europei, con una serie di colloqui – dal presidente francese François Hollande alla cancelliera tedesca Angela Merkel – che sono già partiti, più libertà di azione, meno vincoli e meno responsabilità. Intanto, la legge che consentirà il referendum è già passata in seconda lettura al parlamento di Westminster.

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