Per 33 anni non sono usciti dalla propria casa. Due ragazzi, oggi cinquantenni, della provincia di Grosseto sono rimasti chiusi nell’appartamento dopo la morte del padre. L’unica a mettere il naso fuori dall’appartamento era la madre, ma a causa dell’età avanzata, ha passato gli ultimi 5 anni rinchiusa chiusa con i figli. A riportare la storia è la versione online de Il Tirreno. Ogni superficie era ricoperta di carta assorbente ingiallita e nastro adesivo. Gli infissi sigillati e coperti. L’unica luce dell’appartamento veniva dalle lampadine. C’erano sacchi di immondizia ovunque, in gran parte ricoperti da scarafaggi. Per terra cataste di vecchi giornali e di vecchi vestiti. E anche un sacco con 57mila euro.

Il giornale racconta che la vedova si era convinta che il mondo esterno fosse pieno di pericoli, assecondata da un parente che le ripeteva: “Tienili a casa, non sai chi possono incontrare”. Così dal 1981 gli allora ragazzi sono scomparsi. Da un giorno all’altro. Non solo i ragazzi non potevano uscire, ma nemmeno parenti, amici, conoscenti e vicini potevano entrare. Anche i familiari che citofonavano per avere notizie della famiglia, venivano lasciati sul pianerottolo. L’unico modo per comunicare era parlare dal portone lasciato semiaperto o dalle scale del condominio.

La mamma era l’unica ad uscire, giusto il tempo per fare delle commissioni: spesa, bollette, il ritiro della pensione. Parlava con i vicini e con il parroco ma poi si barricava in casa con i figli. Ma con il passare dei mesi e degli anni, si accumulavano i sacchi dell’immondizia, vecchi abiti e vecchi giornali e così lo spazio dell’abitazione si riduce. Negli ultimi cinque anni la vedova, ormai ottantenne, non ce la faceva più a scendere e risalire le scale. Così si è chiusa con i figli e ha cominciato a farsi consegnare la spesa a domicilio direttamente dal negozio sotto casa.

Una delle poche volte, forse l’unica, che un “estraneo” è riuscito a entrare nell’appartamento è stato per aiutare il figlio, affetto da distrofia muscolare. Una volontaria della Croce Rossa ha offerto alla famiglia il proprio aiuto e grazie all’aiuto del parroco per un periodo qualcuno ha fatto visita alla famiglia “reclusa”. Poi stop. Di nuovo nessun contatto. Tutti nel paese conoscevano la loro storia, qualcuno voleva dare una mano, ma la mamma non voleva assolutamente avere contatti con nessuno.

L’estate del 2014, a causa di una perdita d’acqua, doveva intervenire l’idraulico. Dopo 33 anni la ragazza, ora 55enne, vedeva per la prima volta una persona che non sia né la madre, né il fratello. Ma il tecnico si rifiutava di intervenire per il tanfo e per le scarse condizioni igieniche dell’appartamento: lo sciacquone era fuori uso e sostituito da un secchio d’acqua. La vasca nera, sporca, piena di calcare e usata come ripostiglio. Il lavandino era spaccato e tenuto insieme con il nastro adesivo. Tra l’immondizia e lo sporco, il letto con il fratello paralizzato.

L’auto isolamento è finito grazie all’ordinanza emanata da sindaco del paese: trattamento sanitario obbligatorio. La figlia è stata affidata a una casa di accoglienza, mentre madre e figlio sono stati ricoverati in ospedale. Gli addetti del Comune hanno disinfettato e disinfestato l’appartamento.

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