C’è una proteina che potrebbe essere utilizzata come marcatore molecolare per l’Alzheimer. I suoi livelli nell’organismo possono, infatti, indicare se un individuo con un leggero deficit cognitivo rischia di sviluppare questa malattia neurodegenerativa. Si chiama ferritina, si concentra soprattutto in fegato, milza, midollo osseo, tessuti scheletrici, ed è un prezioso indicatore corporeo delle scorte di ferro, che contribuisce a immagazzinare nell’organismo. Secondo uno studio crvellipubblicato su “Nature Communications”, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Melbourne coordinati da Scott Ayton, un elevato livello di ferro nel cervello potrebbe, infatti, essere legato all’insorgenza dell’Alzheimer.

Negli ultimi mesi numerosi studi si stanno concentrando sull’origine dell’Alzheimer e sulle possibili strategie terapeutiche contro una malattia che, secondo l’Oms, è destinata a colpire 76 milioni di persone entro il 2030. Stando, ad esempio, ai risultati di uno studio condotto dai ricercatori dell’ospedale San Camillo di Venezia e del dipartimento di neuroscienze della Sheffield University, e pubblicato su “Brain Research Bulletin” anche i gruppi sanguigni sarebbero collegati alla patologia. In particolare, gli individui di gruppo 0 sarebbero più protetti, perché più ricchi di materia grigia.

ricercatori australiani hanno, invece, puntato sullo studio del liquido cerebrospinale. Nella ricerca appena pubblicata hanno, infatti, analizzato per sette anni campioni di circa 300 individui, raccolti nell’ambito del progetto “Alzheimer’s disease neuroimaging initiative (Adni)“. Si tratta di uno studio condotto negli Usa per verificare l’esistenza di biomarcatori legati alla comparsa e alla progressione di alcune forme di demenza, in particolare proprio l’Alzheimer. Dall’analisi dei campioni raccolti è emerso che più alti sono i livelli di ferritina cerebrale, peggiore è la prognosi clinica. Secondo gli autori, la correlazione è così stretta che questo parametro potrebbe essere sufficiente, da solo, a prevedere quali pazienti con demenza lieve hanno una maggiore probabilità di sviluppare la patologia.

Ma c’è un altro dato che si può ricavare dalla ricerca australiana. I livelli di ferritina sono fortemente correlati a quelli di una molecola che trasporta il colesterolo nel sangue, l’apolipoproteina E, in particolare a una variante presente in circa il 10 per cento della popolazione. Un’alterazione significativa, che determina una maggiore probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer. Occorreranno, tuttavia, ulteriori indagini scientifiche per stabilire, da un lato quanto sia stretto il legame tra queste molecole e la patologia neurodegenerativa e, dall’altro, se questi marcatori potranno portare un giorno a ricadute terapeutiche.

Lo studio su Nature Communications
L’abstract dello studio su Brain Research Bulletin

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