Uniti si vince. Altrimenti si fanno disastri. La lezione delle regionali è arrivata anche a Milano. Con un duplice significato in vista delle elezioni comunali dell’anno prossimo. A destra la conseguenza è una: difficile che Forza Italia possa rinunciare al motore trainante della Lega, soprattutto se Matteo Salvini deciderà di candidarsi a sindaco. A sinistra la lezione s’è subito trasformata nel timore di ripetere sotto la Madonnina il pasticcio ligure. E così a infiammarsi è il dibattito sulle primarie: “Irrinunciabili”, dicono le voci ufficiali del Pd. Nessuno si azzarda a metterle pubblicamente in dubbio, benché tutti abbiano chiaro che la vittoria di Toti è partita proprio da lì, dalle primarie del centrosinistra vinte tra le polemiche dalla Paita. E poiché nessuno vuole veder spuntare un Pastorino anche a Milano, ogni mossa è pesata con la massima attenzione. Mentre su quando ci sarà la consultazione non c’è alcuna certezza, se non che bisognerà aspettare ancora un bel po’.

Forse troppo, pensa qualcuno. Visto che oltre a Salvini, si sono già fatti avanti altri avversari come Corrado Passera, Vittorio Sgarbi e Antonio Di Pietro, se non verrà accettato alle primarie. “Sono laico rispetto alle date, sarà una scelta condivisa – dice il segretario metropolitano del Pd Pietro Bussolati – In ogni caso immagino che il periodo giusto possa essere da novembre a gennaio. La data si saprà dopo agosto”. Prima c’è da attendere che si riuniscano gli 11 saggi scelti per preparare il percorso alla successione di Pisapia, per poi arrivare alla stesura di una serie di regole condivise, non prima di luglio. Ma perché aspettare fino a gennaio, così a ridosso del voto e con appena una manciata di mesi a disposizione per la campagna elettorale? Ufficialmente per evitare che chi parteciperà alle consultazioni di coalizione giochi per troppo tempo il doppio ruolo di candidato e di assessore comunale o parlamentare. Una motivazione che però non sembra convincere quelli che al momento sono i due più interessati a candidarsi, l’attuale assessore del Pd al Welfare Pierfrancesco Majorino e il deputato e membro della segreteria nazionale del Pd Emanuele Fiano.

Sono proprio loro infatti ad auspicare che le primarie si facciano presto, quantomeno “entro la fine dell’anno”. Al di là delle versioni ufficiali, allontanare il momento delle urne potrebbe consentire la comparsa di una candidatura forte di area renziana, cosa che al momento non si vede. Lo sarebbe quella di Giuseppe Sala, ma il commissario unico di Expo, prima di ufficializzare la sua eventuale corsa, dovrà quantomeno avere la certezza che l’esposizione sia andata bene. In ogni caso che Sala sia interessato alla partita si sa. Del resto ne era stato sfiorato anche cinque anni fa, quando una parte del Pd aveva pensato anche a lui, benché allora fosse il direttore generale del Comune sotto Letizia Moratti. C’era stata pure una cena tra Sala e l’allora vicesegretario Enrico Letta, derubricato dal manager di Palazzo Marino a “cena con un amico, senza che nessuno parlasse di candidature”.

Una vittoria alle primarie di Sala non è però libera da rischi. Per esempio che prima del voto amministrativo Expo sia coinvolta in qualche altro scandalo o che la sua candidatura non piaccia alla parte più a sinistra della coalizione. Come a Sel, che tuttavia promette sin da ora il rispetto del risultato delle primarie, che rimane l’unica via per rimanere uniti: “Se il Pd ci propina un nome calato dall’alto, noi non ci stiamo”, dice il consigliere comunale Luca Gibillini. Tra i contendenti del centrosinistra ha già annunciato che ci sarà Roberto Caputo, ex vicepresidente della Provincia. Poi c’è una serie di nomi di papabili, alcuni dei quali circolano da tempo: il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris, l’assessore alle Politiche per il lavoro Cristina Tajani, il consigliere regionale Umberto Ambrosoli, il deputato democratico Ivan Scalfarotto, l’ex presidente del tribunale di Milano Livia Pomodoro. Nessuna figura però che al memento riesca a emergere sulle altre.

Diversa la situazione nel centrodestra, dove domina Salvini, lanciato dal risultato leghista alle regionali. “Se non ci saranno le elezioni politiche, mi candido a sindaco. Ovviamente se i cittadini mi vogliono, con le primarie”, ha annunciato il lumbard. Una candidatura che con ogni probabilità metterebbe in riga tutto il centrodestra, disposto ad accettare che un feudo un tempo berlusconiano finisca in mano alla Lega. Di questo segno le parole dell’europarlamentare di Forza Italia Lara Comi, che ha dato la sua investitura a Salvini, considerata l’assenza del “candidato migliore”, ovvero l’ex Cavaliere. Ma visto che l’annuncio del leader leghista potrebbe essere finalizzato solo a tenere occupato un posto da cedere al momento giusto a un altro esponente della Carroccio, anche in Forza Italia c’è già chi scalda i motori, come i coordinatori regionale e cittadino Mariastella Gelmini e Giulio Gallera o il capogruppo al Senato di Forza Italia Paolo Romani. Resta da vedere che cosa deciderà di fare l’ex ministro di Ncd Maurizio Lupi, mentre dalla società civile potrebbe farsi avanti per il centrodestra il presidente della Triennale Claudio De Albertis. A completare il quadro, chi si è già proposto per il momento al di fuori dei due schieramenti principali. Di Pietro, sempre che il centrosinistra non lo accolga nella coalizione. Passera, che ha già ricevuto l’investitura dalla direzione nazionale della sua creatura Italia Unica. Infine Sgarbi: per portare avanti, dice il critico d’arte, “una posizione post politica”.

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