Una “associazione per delinquere” bipartisan, fittiani-Pd, per gestire l’assegnazione di case popolari del Comune di Lecce. All’indomani della tornata elettorale per le regionali lo scandalo arriva a Palazzo Carafa, con tanto di sequestri e indagati eccellenti, se non al di sopra di ogni sospetto. Gli avvisi di garanzia, firmati dalla Procura salentina lo scorso 27 maggio, hanno avuto in mattinata come destinatari due membri di spicco della giunta di centrodestra guidata da Paolo Perrone (estraneo ai fatti). Si tratta di Attilio Monosi, che ha la delega al Bilancio e alle Politiche abitative, e di Luca Pasqualini, ex addetto all’Ufficio casa e attualmente assessore comunale alla Mobilità. Oltre ai loro, ci sono altri due nomi sul registro degli indagati: quello di Antonio Torricelli, vicepresidente democratico del Consiglio comunale, e quello del dirigente Pasquale Gorgoni, anche lui ex addetto all’Ufficio casa e transitato poi nell’Ufficio patrimonio.

Nel decreto di perquisizione personale e locale, a firma dei pm Antonio De Donno e Antonio Negro, la sfilza dei reati contestati, “commessi fino a febbraio 2015”, è lunga: associazione per delinquere, corruzione per un atto d’ufficio, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, abuso d’ufficio, falsità materiale, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa. Dura la motivazione: le indagini hanno permesso di ipotizzare la sussistenza di “gravi e plurimi favoritismi” negli iter burocratici relativi all’assegnazione delle case parcheggio, alle sanatorie delle abitazioni occupate abusivamente, allo scambio di immobili e concessioni di quelli di nuova costruzione, come anche nell’aggiudicazione di locali commerciali di proprietà comunale.

Sono stati i militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Lecce, già dalle otto di questa mattina, ad eseguire il provvedimento con cui è stata disposta la perquisizione personale e quella a tappeto di tutti gli uffici, appartamenti e auto nella disponibilità degli indagati, oltre che di sedi e mezzi di società di cui sono o sono stati titolari anche per interposta persona. Sotto chiave sono finiti computer e documenti. Stando all’informativa delle Fiamme Gialle, i quattro accusati, in concorso tra loro, hanno agevolato chi non era in possesso dei requisiti richiesti e non era collocato in posizione congrua nelle graduatorie di merito. Il tutto “con grave evidente danno dei legittimi aspiranti all’assegnazione”.

Per capire la genesi dell’inchiesta, bisogna fare un passo indietro. Nell’aprile 2012 sono approdati in Procura i veleni della campagna elettorale per le amministrative, quella che, qualche giorno dopo, avrebbe riconfermato a larghissima maggioranza il sindaco Perrone. Due esponenti del Pd, il consigliere comunale Antonio Rotundo e la parlamentare, oggi sottosegretaria al Lavoro, Teresa Bellanova, vennero sfidati pubblicamente dal primo cittadino a rivolgersi alla magistratura per non “sparare nel mucchio”, ma provare l’esistenza di una compravendita di voti dietro la gestione degli alloggi pubblici, come loro sostenevano. Così è stato. In un corposo esposto, i due democratici hanno fatto confluire denunce formali di residenti su episodi di pagamenti in denaro tra inquilini per lo scambio di appartamenti, presunte assegnazioni discrezionali, occupazioni abusive, passaggi dalle case parcheggio agli alloggi fatti tramite semplici delibere. Probabilmente, mai avrebbero immaginato che il terremoto potesse travolgere il loro stesso partito.

Ora è scoppiato il bubbone nella città che ha visto stilare la prima graduatoria nel 1999 e la seconda 14 anni dopo, sulla base di un bando pubblicato nel 2011 e con procedure così a rilento da alimentare il sospetto, appunto, che potessero rispondere a meccanismi altri, mentre erano in attesa 1380 famiglie. Sono queste ombre il punto di partenza di questa storia, come confermano gli inquirenti, ma il fiume delle indagini si è ingrossato strada facendo e non è affatto escluso che possa avere nuovi affluenti.

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