Cinema

The Tribe, violenti come i Drughi di Arancia meccanica. Giovani sordi tra amore e odio

Se Hazanavicius con The Artist ha fatto un calco furbo e irresistibile dell’era pre-talkies hollywoodiana, l’ucraino Myroslav Slaboshpytskiy, esordiente alla regia di lungometraggio, fa un muto per necessità e con virtù: i protagonisti, meglio, tutti i personaggi sono sordi, dunque, il film ha solo rumori d’ambiente, mentre tutti i dialoghi sono nella lingua dei segni

di Federico Pontiggia

No, non è vero che il direttore Thierry Fremaux abbia compiuto errori inusitati nella selezione del 68° Festival di Cannes appena concluso. Si sta qui ancora a stracciarsi le vesti per l’esclusione, tra gli altri, dei film di Desplechin e Garrel padre, andati a ingrossare gli applausi della Quinzaine, ma si sbaglierebbe a considerare il 2015 un annus horribilis eppure eccezionale: che dire allora dell’estromissione di The Tribe, transitato 12 mesi fa al largo della Selezione ufficiale per approdare alla Semaine de la Critique, dove vinse per il Grand Prix? Solo il primo dei tanti riconoscimenti incassati, dagli EFA (Scoperta dell’Anno e Fipresci dei critici) al Milano Film Festival (Miglior film), ed esserselo lasciato sfuggire deve ancora bruciare al buon Fremaux: lasciate perdere l’oscar The Artist, The Tribe (titolo originale: Plemya) è l’unico e il solo film muto d’epoca Millennial.

Se Hazanavicius ha fatto un calco furbo e irresistibile dell’era pre-talkies hollywoodiana, l’ucraino Myroslav Slaboshpytskiy, nato a Kiev, classe 1974, esordiente alla regia di lungometraggio, fa un muto per necessità e con virtù: i protagonisti, meglio, tutti i personaggi sono sordi, dunque, il film ha solo rumori d’ambiente, mentre tutti i dialoghi sono nella lingua dei segni. Diremmo, se non fosse politicamente scorretto, roba da matti, e non finisce qui: i 132 minuti del film si fanno intendere agevolmente – e qui non servono nemmeno i cartelli didascalici – come appunto accadeva nei muti classici e sanciscono per l’ennesima volta il primato del visivo sull’audio.

Fosse un regista mediocre, il nostro Myro si sarebbe fermato qui, beandosi di una trovata cullata sin dai tempi del corto Deafness (“Sordità”, 2010) e strizzando l’occhio a beneficio di chi, in sala, avesse orecchi per intendere: ebbene no, la regia che privilegia campi medi, pochi movimenti di camera, perlopiù, a tallonare il nostro antieroe e il rifiuto dell’illustrazione a tutto tondo si fa notare quale una delle più interessanti, innovative e consapevoli del biennio 2014-2015.

Se vi pare esagerato, accettate la sfida e leggete – giusta espressione: le immagini qui non si sentono, si leggono – il romanzo di (de)formazione di Sergey, sordo, che arriva in un collegio per ragazzi che condividono la sua stessa disabilità: le tappe dell’iniziazione ci sono tutte, dal nonnismo al bullismo, passando per scazzottate, furti e, come potrebbe mancare, il racket della prostituzione femminile. Sergey ci porta all’inferno, sporcandosi le mani e sporcandoci gli occhi: forse a supplire la “mancanza” di audio, le immagini si fanno esplicite, impudiche, addirittura oscene, dagli amplessi passando per un aborto fatto in casa e una violenza giovanile e cameratesca che ci riporta tra i Drughi di Arancia meccanica.

E però a non sbatterci addosso la pornografia della sopraffazione è quella distanza media tra la camera e l’oggetto, anzi, il soggetto: vediamo, guardiamo, ma raramente osserviamo, questo anche per ristabilire una certa parità sensoriale tra questi sordi e il pubblico. Va da sé, “questo è un film incentrato su ragazzi molto giovani, un’età in cui si è capaci di sentimenti duri e puri: amore, odio, furia, rabbia e disperazione”: c’è davvero tutto, addirittura due finali, e prima la ricerca della salvezza, la redenzione di sé attraverso l’affrancamento della ragazza amata. The Tribe è un film politico, declina l’homo homini lupus in un istituto per sordi che ha molte delle geometrie variabili e delle barriere architettoniche della geopolitica: non casualmente, le riprese sono iniziate poco prima delle proteste in Ucraina e terminate dopo la presa russa della Crimea. Non perdetelo.

Il trailer

Dal Fatto Quotidiano del 28 maggio 2015

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