Quasi una donna su tre, in Italia, ha subito una violenza fisica o sessuale. Il dato allarmante arriva dall’indagine “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia”, realizzata dall’Istat e finanziata dal dipartimento Pari Opportunità. Il rapporto – che copre gli ultimi cinque anni – è la seconda indagine sulla violenza di genere condotta a livello nazionale, dopo quella presentata nel 2007. Molti gli aspetti messi in luce dal rapporto: le donne hanno preso maggiore coscienza del fenomeno, ma sono ancora troppe quelle che preferiscono tacere di fronte alla brutalità di un abuso. Se la violenza psicologica diminuisce notevolmente (dal 42% del quinquennio 2001-2006 al 26% di oggi), così come quella fisica (dal 13% all’11%), lo zoccolo duro degli stupri non viene intaccato.

A dispetto degli stereotipi questo tipo di violenza viene perpetuata nel 62,7% dei casi da ex partner e solo nel 4,6% da sconosciuti, percentuale che sale al 21,9% se parliamo di tentato stupro. Mariti e fidanzati si confermano come i soggetti più pericolosi: negli ultimi cinque anni oltre un milione di donne hanno subito violenza da partner o ex, tendenza che si conferma anche per lo stalking. Sono proprio le separate o le divorziate a subire violenza in misura maggiore rispetto alle altre; in questi casi, infatti, la percentuale sale dal 31% al 51%. Una pagina altrettanto nera è quella che riguarda le donne affette da problemi di salute e disabilità, che subiscono maltrattamenti nel 36% dei casi, mentre il rischio che corrono di essere stuprate è doppio rispetto alle persone non affette da problemi.

Per la prima volta l’indagine dedica spazio anche alle immigrate, denunciando una condizione che sul piano dei maltrattamenti fisici è ancora più grave di quella italiana. Raccogliere le confessioni di queste donne è stata un’operazione molto complessa: “Il telefono, a cui le italiane ricorrono senza problemi, – spiega Linda Laura Sabbadini, Direttore del Dipartimento per le statistiche sociali ed ambientali dell’Istat -, è difficilmente utilizzabile per le donne che arrivano da altri paesi”. Tra loro sono le moldave quelle che dichiarano di aver subito più violenze, seguite da marocchine e albanesi. Secondo Giovanna Martelli, consigliera alla presidenza del Consiglio in materia di Pari Opportunità, “questo dato richiede un doppio sforzo: bisogna proteggere queste donne e al tempo stesso lavorare sugli stereotipi delle culture a cui appartengono”.

Ma c’è un aspetto ancora più inquietante e riguarda la violenza assistita. Aumenta infatti la percentuale di figli che negli ultimi cinque anni ha assistito a episodi di violenza sulla propria madre. E questo ha gravissime conseguenze: “Come hanno dimostrato numerosi studi, per il bambino cresce la possibilità di diventare in futuro autore di violenza sulla propria compagna, mentre per la bambina c’è più rischio di essere una vittima”, spiega Sabbadini. Un motivo in più per spingere le donne a denunciare i loro compagni: “Per aiutarle servono politiche che conducano a un’autonomia lavorativa e abitativa”, aggiunge Martelli.

Se i numeri non sono rassicuranti, dal rapporto emergono comunque dei segnali positivi. Le donne hanno dimostrato una maggiore consapevolezza del fenomeno: negli ultimi 5 anni la violenza è stata considerata un reato nel 29% dei casi (rispetto al 15% del rapporto 2006), mentre le denunce sono salite dal 6% all’11%. Aumenta anche la fiducia nei confronti del lavoro delle forze dell’ordine (+20%) e dei centri antiviolenza (+2,5%). Un apporto importante è arrivato anche dal mondo dell’informazione: “Fino al 2006 nei media nessuno parlava ancora di violenza di genere”, sottolinea Sabbadini. Oggi, invece, il fenomeno ha una forte risonanza e viene condannato all’unanimità. Passi piccoli ma importanti, che fanno sentire le donne meno sole e gli danno la forza per uscire allo scoperto e denunciare la violenza.

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