Dopo un primo incontro andato a vuoto nella notte, oggi pomeriggio c’stato l’affondo decisivo di Bee Taechaubol: un’offerta di 480 milioni per il 48% delle quote del Milan, la cui valutazione resta quindi quella indicata da Silvio Berlusconi di 1 miliardo di euro. In molti danno l’accordo per concluso, anche perché alla riunione pomeridiana a Villa San Martino oltre al presidente e alle figlie Barbara e Marina era presenti anche la prima linea manageriale della holding Fininvest, ovvero l’ad Pasquale Cannatelli, il direttore generale Danilo Pellegrino e il direttore corporate finance & business development Alessandro Franzosi. Se tutto fosse confermato, il Milan per la prima volta dal 1986 non sarebbe più un’esclusiva proprietà di Silvio Berlusconi, dato che il 47% è solo il primo passo verso l’acquisto della maggioranza delle azioni che dovrebbe concretizzarsi nei prossimi due anni: in una transizione soft che permetta di chiudere fronti aperti come lo stadio e i discorsi famigliari sulla successione.

Fino ad oggi la trattativa per la vendita del Milan somigliava a una televendita notturna in cui Giorgio Mastrotta regalava biciclette a chi acquistava una batteria di pentole. Da almeno un lustro Silvio Berlusconi sembrava in procinto di vendere la società, anzi, stando alle notizie apparse a ripetizione sui media l’aveva già venduta ad almeno un paio cinesi, diversi russi, un albanese, qualche sceicco arabo, almeno un thailandese e probabilmente un messicano. E questa trattativa non faceva eccezione, tanto che l’ultimo incontro avvenuto ieri notte in un ristorante tra Berlusconi e Bee Taechaubol doveva essere talmente segreto che è stato annunciato da tutti i media prima che avvenisse. Nel pomeriggio però l’affare ha trovato la sua chiusura, e dopo diversi incontri andati a vuoto negli ultimi mesi e frasi che suonavano come una niet definitivo – “Non vendo a chi cerca popolarità immediata” aveva detto Berlusconi a Telenord il 9 maggio – il 47% del Milan è di mister Bee.

Lo certifica anche un comunicato congiunto: “Il presidente Silvio Berlusconi ha approvato l’accordo firmato dall’amministratore delegato di Fininvest Pasquale Cannatelli e Mr. Bee Taechaubol” si legge. E’ la prima volta, in anni di trattative, che Fininvest si espone sulla possibile vendita del club, anche se poi la holding berlusconiana precisa che l’intesa prevede di trattare “in esclusiva” per un periodo di otto settimane “un rapporto di collaborazione relativo all’Ac Milan”. Ovvero, da ora e per i prossimi due mesi il Milan potrà essere venduto solo a Mr. Bee. “L’ipotesi di accordo, che sarà dettagliatamente esaminata, prevede che il controllo del club rimanga nelle mani del presidente Silvio Berlusconi e della Fininvest, cui farà capo una quota di maggioranza assoluta pari al 52% – continua il comunicato -. Il consorzio rappresentato da Mr. Taechaubol acquisirà invece una quota di minoranza pari al 48%”. E il diretto interessato? Non ha aspettato molto tempo per dire la sua. “Per ora è un accordo che deve essere confermato ma è una buona cosa per il Milan” ha detto Silvio Berlusconi a margine di un comizio a Segrate a favore del candidato sindaco Tecla Fraschini. Per poi aggiungere: “Speriamo di poter procedere per far tornare il Milan protagonista”.

Fondamentale nell’operazione il ruolo Doyen Sport, il cui ceo Nelio Lucas era a cena ieri notte con Berlusconi e Taechaubol, come “advisor” dell’operazione. Doyen è una fondo d’investimento che simboleggia la transizione del calcio dal capitalismo industriale al neoliberismo, controlla in modo abbastanza palese i movimenti di mercato delle tre grandi portoghesi e di diverse squadre spagnole, oltre ai cartellini di svariati giocatori proponendosi come Tpo (third-party ownership): quella proprietà terza che presta i giocatori alle squadre e poi intasca una percentuale sulla vendita, pratica che la Fifa ha bandito dallo scorso aprile. Doyen con il Milan fa buoni affari: lo certifica il curioso balletto di prestiti di giocatori (Cerci, Perez, Torres) che ha coinvolto Torino, Milan, Chelsea e Atletico Madrid. E Bee Taechaubol, broker thailandese la cui società personale Thai Prime opera principalmente nei Private Equity e nelle Public Companies, quando si è presentato per trattare col Milan oltre alle supposte garanzie di Ads Securities (famiglia reale di Abu Dhabi) e China Citic Bank (governo cinese) ha sempre offerto quella di Doyen.

Se Doyen potrebbe sembrare una garanzia, c’è il problema del Milan, che va ben oltre i pessimi risultati sportivi raggiunti in questa stagione con Pippo Inzaghi. Nell’ultimo bilancio infatti la società ha presentato una perdita record da oltre 90 milioni, il valore della rosa si è dimezzato rispetto a qualche anno fa (si parla di un crollo da 140 a circa 70 milioni di euro), non esiste uno stadio di proprietà e le coppe europee restano un lontano miraggio. Per questo la valutazione sparata da Berlusconi in questa trattativa di 1 miliardo sembra assurda, e resta difficile credere che il problema sia stato, come riportato da molti, la volontà di cedere solo una percentuale del club (dal 30 al 50%) piuttosto che il 100% delle azioni. Il portale Tifoso Bilanciato di Diego Tarì ha fatto un ottimo lavoro da cui si presume che “il valore di AC Milan nel bilancio Fininvest Spa al 31.12.2014 ammonti a Euro 425.428.000”, poi aumentato a 485 milioni a marzo quando la proprietà vi ha versato altri 60 milioni, portando a circa 650 il totale investito nel trentennio berlusconiano. Una cifra molto lontana dal miliardo su cui si sarebbe chiusa questa trattativa.

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