“Ma esattamente che canzoni ha fatto questo Jordan?” Appena ripreso dalla crisi cardiorespiratoria che questa domanda gli procura ogni volta, Marco Evangelisti apre il garage e ne esce un bagliore. Lì è custodito il suo tesoro, frutto di venti anni di ricerche, trattative, bonifici. Evanga, questo il suo nickname, è un malato di basket, come non pochi tra i suoi concittadini bolognesi.

Era un bimbo quando risuonavano per la prima volta sui parquet americani le scarpette di Michael Jeffrey Jordan. La preposizione in questo caso va intesa nel senso di possesso più pieno: nel 1984 il ragazzo era al primo anno di Nba e già Nike, piuttosto serena sul suo talento, gli aveva dedicato una linea di calzature. Un anno dopo, trenta anni fa esatti, le Air Jordan erano sul mercato. Nel frattempo MJ divenne il più forte di ogni tempo, le sneakers con il suo logo impresso uno dei brand più amati dagli appassionati di palla a spicchi. Oggi l’ex giocatore dei Chicago Bulls ha 52 anni, possiede una squadra di basket nella sua Carolina del Nord e per la prima volta è stato inserito nella lista dei miliardari da Forbes, alla posizione 1741 tra i più ricchi del pianeta. Novanta milioni di dollari giungono ogni anno nelle sue tasche dall’accordo con Nike che, nonostante la fine dell’attività agonistica, continua a produrre le Air Jordan.

“Dal 1996 ho preso a accumulare ogni cosa che fosse inerente alla carriera di Michael. Sono uno dei tanti fanatici di questo giocatore straordinario, nel mio piccolo ho contribuito alla sua fortuna” racconta Marco che, da sette anni, gestisce un negozio di abbigliamento nel centro del capoluogo emiliano: Back Door Bottega. Ogni volta che il campione americano si alzava da terra per volare verso il ferro oppure si allontanava da canestro nel suo classico tiro cadendo all’indietro, i suoi occhi non si schiodavano dalle scarpette col baffo. “L’ultima volta che provato a contare le mie Air Jordan ero arrivato a quota 650 paia. É un problema: ho il 45 e mezzo di piede e quasi non riesco più a entrare in garage. Lavorare nel commercio mi aiuta perché ordino le uscite stagionali con sei o sette mesi di anticipo. Un tempo mi procuravo tutte le novità, ora faccio selezione e acquisto solo i modelli che davvero mi mancano oppure quelli che più mi piacciono: ciclicamente si pone la questione del muletto, in grado di sostituire le scarpe troppo usurate”. Ogni collezionista ha i suoi gioielli, i pezzi di maggior prestigio oppure quelli affettivamente pregnanti. Evanga non è un’eccezione.

“Il mio modello preferito è la Jordan VI del 1991 o Carmine – spiega. Il nome deriva dal colore ed è riportato sulla scatola: sono legato a quelle calzature perché mi ricordano i primi anni di ricerche appassionate. Possiedo scarpe da 5 o 6mila dollari, dipende dalle dinamiche del collezionismo: talvolta per completare la raccolta sei disposto a spendere cifre folli. Spesso sono stato nelle condizioni di volere disperatamente scarpe di proprietà di qualcun altro: a volte sono riuscito ad abbassare il prezzo e altre ho lasciato perdere, ma è capitato pure che rimanessi fregato”. Il mondo degli appassionati di basket, e dei relativi consumi, nel frattempo è cambiato assieme alla National Basketball Association. Oggi la Lega a stelle e strisce è un prodotto davvero globale, anche grazie a nuovi testimonial come Lebron James o Kobe Bryant.

“In Emilia come in Lombardia o Toscana c’è un grande bacino di giovani e meno giovani che vanno pazzi per questo sport. Ai miei tempi per seguire quello che avveniva oltreoceano c’erano le cronache di TELE+2, oggi con blog e social network si è sempre aggiornati. I ragazzini vengono in negozio e mi chiedono le scarpe che Durant ha indossato la sera prima contro Utah, non immaginano il lavoro che c’è dietro per riempire gli scaffali. Inoltre, in passato ogni anno usciva un modello in tre colori, ora ogni mese nuove sneakers sono messe sul mercato a botte di quindici varianti”. Oggi le Air Jordan, brand che alimenta la leggenda del cestista con la lingua di fuori, sono ai piedi di chiunque. Rapper e presentatori tv ne hanno fatto un oggetto di culto anche per chi con palla e cesto ha poco a che fare. Marco Evangelisti un po’ ne soffre, ma non vuole passare per un purista. “Non ho pregiudizi: la moda funziona così da sempre. Quando ho aperto la mia Bottega le Jordan non andavano più, ma io non ci ho fatto caso. In futuro smetteranno di fare tendenza, poi magari torneranno popolari. Quando arriva da me qualcuno che di basket non sa nulla – conclude – gli dico di accomodarsi due minuti, che devo raccontargli la storia di quell’uomo con le gambe divaricate e una palla in mano”.

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