Parte con 60 copie distribuite da Bolero Film l’avventura della commedia che riscopre Venezia, percorrendola tra i suoi canali con uno sgangherato gruppo di musulmani in cerca di uno spazio per la loro nuova moschea. Il personaggio pasticcione di Giuseppe Battiston lo conduce, il curdo-iraniano Fariborz Kamkari ne firma la regia e l’Orchestra di Piazza Vittorio le musiche

Come farà un italiano con forti problemi di linea ma convertito all’Islam a resistere al Ramadan? E cosa succederebbe se la piccola comunità islamica veneziana fosse sfrattata dalla propria moschea per essere sostituita da una parrucchiera unisex? Sono le leve dalle quali parte la sceneggiatura di Pitza e Datteri, quarto film di Fariborz Kamkari. “È un film che parla di disagio sociale, di questa comunità e della sua ricerca di un equilibrio. Una tematica molto vecchia del mondo islamico. Sono più di cento anni che sta cercando la via giusta per essere presente nel mondo moderno” ha spiegato il regista in conferenza stampa.

Il lavoro di Kamkari, con i tentati omicidi da parte dei suoi protagonisti sfociati in farsa per loro stessa goffaggine si va a inserire in un cinema che respira diversità culturale, ma soprattutto libertà di poterla esibire, prendendosi rispettosa beffa degli uomini. Passo comunque rischioso perché sospeso tra l’offesa religiosa e la mancata comicità. Ma qui l’equilibrio funziona quasi sempre. Sono principalmente il roboante Giuseppe Battiston, la struttura narrativa da commedia all’italiana e Venezia a convincerci che siamo in Italia. Per il resto, Pitza porta con sé la modernità delle nuove commedie interculturali francesi e il coraggio di far stridere in chiave umoristica (nel titolo metaforico) anche un elemento occidentale, la pizza, con un frutto tipico orientale come il dattero.

Battiston è Bepi, un capriccioso mitomane veneziano convertito all’Islam. Il più estremista del gruppo. Circuisce tanto il pacifico imam Saladino, impersonato dal franco-italiano Medhi Meskar, quanto il ligio presidente della comunità Karim, caratterista valente e volto ormai noto nella commedia nostrana Hassani Shapi. “Un’altra tematica sono le donne. Purtroppo non passa questa notizia, ma sono le donne ad essere vera forza dei cambiamenti”. È stata un’altra affermazione di Kamkari. E nel suo nuovo lavoro sono un vero motore: sociale, sensuale e morale. Ci sono rivalse femminili, più che femministe. Figlia e moglie di Karim, ma soprattutto la voluttuosa parrucchiera marocchina Zara fanno da contrappunto arguto e sfrontato ai maschi conservatori e confusionari. Maud Buquet, attrice, regista e producer franco-africana fa la parrucchiera presa di mira e peccato in carne ed ossa agli occhi dei suoi persecutori. Ma il fascino d’una donna può far cadere gli uomini come birilli. Presupposto dei più banali, ma uno dei pilastri della commedia all’italiana.

E in questa salsa piena di gusti piacevoli, l’asso nella manica del distributore Bolero Film ha come difetto oggettivo giusto una data d’uscita non delle più fruttuose per il calendario delle nostre sale. Ma le sorprese sono sempre in agguato, quindi chissà. Non come l’Orchestra di Piazza Vittorio, felice conferma della vitalità che riesce ad aggiungere su una pellicola quando le viene affidata la composizione delle musiche. I 30 pezzi composti per la Sugar Music di Caterina Caselli sono il tappeto sonoro che amalgama gli scorci lagunari, le architetture della Porta d’Oriente e i diversi mood delle storie che le animano.

La lavorazione di Pitza e Datteri si è svolta nelle location del Ghetto, Marghera, Dorsoduro, tutte facce reali di Venezia insieme alle calle che avviluppano i protagonisti nelle loro peripezie. Incisive le sequenze di preghiera in angoli impensabili della città, comprese chiatte in movimento, quanto quelle dei pedinamenti tra i ponti miracolosamente deserti. “Sono state belle levatacce”. Mi ha confessato Battiston durante una breve chiacchierata. “Abbiamo girato tra settembre e ottobre del 2014 dopo la Mostra del Cinema e a ridosso della Notte dei Foghi”. Tutti i giorni all’alba per anticipare l’orda turistica. Il risultato val quasi una visita, o di sicuro il desiderio di essere lì.

La locandina ricorda vagamente una vignetta del Charlie Hebdo. “Senza volerlo” ha specificato il regista. Speriamo che la commedia italiana continui a guardarsi creativamente intorno, e non solo dentro.

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