civati 240Civati e i cosiddetti “civatiani” se ne vanno dal Pd e, dopo qualche giorno, presentano l’associazione Possibile e il suo simbolo: un segno di uguale bianco, dentro a un cerchio rosaranciolillà. Ora, al di là delle spiegazioni ufficiali (una è questa per esempio), vediamo cosa viene in mente al comune mortale che guarda il simbolo da fuori, senza nulla sapere delle intenzioni di chi l’ha creato. Ma soprattutto, cerchiamo di capire cosa implica quello che viene in mente al comune mortale.

I più ottimisti pensano subito al Podemos spagnolo, che in questi giorni ha avuto grande successo e che a sua volta riprende lo Yes, we can con cui Barack Obama vinse nel 2008. I più negativi, invece, ricordano il Si può fare con cui Walter Veltroni perse le elezioni nel 2008. Vere entrembe le associazioni.
Purtroppo per Civati e i civatiani, però, che sono riusciti a rendere ancora più astratta e impersonale l’idea che stava dentro allo Yes, we can di Obama.

Mi spiego facendo un passo indietro. La differenza fra lo Yes, we can di Obama e il Si può fare di Veltroni era già abissale nel 2008. E lo è tuttora, ovviamente. Yes, we can infatti, con lo yes iniziale, afferma in modo perentorio un potere che è anzitutto una capacità, un saper fare, perché in inglese we can vuol dire noi possiamo, ma anche noi sappiamo fare, siamo capaci di fare. Per di più il noi inclusivo – prima persona pluraleci coinvolge direttamente, ci chiama a condividere la capacità, il sapere, la possibilità a cui lo slogan si riferisce: noi, tutti insieme, possiamo farcela (il che è rimasto nel Podemos spagnolo). Si può fare invece è in terza persona, cioè scarica su altri – all’italiana – l’onere del fare ed è per giunta impersonale, cioè lascia indefinito chi mai possano essere gli altri che dovrebbero fare le cose al posto nostro; inoltre Si può fare non afferma un bel niente, perché il può indica solo una possibilità vaga e generica; infine ricorda molto il sepoffà romanesco, tipico di certi malaffari di corridoio, il che non andava bene nel 2008 e va ancora meno bene oggi.

Ebbene, il Possibile dei civatiani va anche oltre il Si può fare veltroniano, nel senso che è ancora più impersonale, ancora più astratto, ancora più vago: sparito il soggetto dell’azione (non c’è il noi, ma nemmeno il si impersonale), sparita l’azione (non c’è il verbo), sparita la sensazione di essere sul punto di, essere all’inizio di, che si avvertiva nel Si può fare (i linguisti la chiamano incoatività), il Possibile civatiano è fermo, immobile. In più, le due barre bianche orizzontali, che dovrebbero significare uguaglianza, parità, inserite dentro al cerchio rosaranciolillà ricordano pericolosamente un segnale stradale, no peggio, un divieto stradale. Fermo e vietato, dunque.

Certo, è solo l’inizio e tutto può cambiare, perché al momento Possibile è solo un’associazione, ma da giugno diventerà altro, trasformandosi in un “soggetto politico”, ha detto Civati (un partito? un movimento?). “Io non voglio impiccarmi alla questione del simbolo, io voglio dare un segnale e porre una domanda”, ha aggiunto alla fine. E giustamente, perché così com’è quel simbolo fa poca strada. Bisogna dire però, a onor del vero, che un simbolo è un po’ come un nome di persona: anche se non ti piace, anche se pensi sia sbagliato, se poi nei fatti e nelle azioni la persona che lo porta ti piace, se si comporta bene, se ti fa simpatia, alla fine digerisci il nome e non ci pensi più.

Insomma, con un simbolo come con i nomi propri, tutto dipende poi da cosa fanno le persone che lo portano. Staremo a vedere.

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