Da fine giugno, l’Europa comincerà una missione di intelligence per fermare i barconi che dalla Libia si dirigono lungo la rotta del Mediterraneo centrale, verso Malta e Italia: si chiamerà Eunavfor Med. Poi comincerà una missione militare che potrebbe portare anche a un intervento in Libia. È quanto rivela il documento “Piano approvato dai capi della difesa europea per l’intervento militare contro ‘le navi dei rifugiati’ in Libia e nel Mediterraneo”, pubblicato il 25 maggio da Wikileaks. Un documento riservato, con il quale lo European Union Military Committee (Eumc), un dipartimento in cui siedono i Capi di Stato maggiore dell’Europa, si prepara alla guerra.

La prima fase sarà d’intelligence: i droni monitoreranno le partenze dai proti libici, per stimare dimensioni ed entità del traffico. La confusione che regna al momento, infatti, rende impossibile stimare la presenza di migranti sulle coste pronti a partire: i servizi italiani dicono 200mila, ma la ong Mercy Wings, partner libico di alcune delle missioni umanitarie delle maggiori ong europee come il Danish refugee council (Drc), ritiene impossibile fare un conteggio. “Il quadro cambia ogni giorno. Non abbiamo dati a disposizione, è troppo difficile ottenerli. Non si tratta più solo di richiedenti asilo, ma di ‘migranti misti’, che scappano da guerra, povertà o cambiamenti climatici.”, spiega Zakariya El Zaidy, referente di Mercy Wings.

Solo al termine della missione d’intelligence comincerà l’intervento militare, finalizzato alla distruzione o al sequestro delle navi dei trafficanti. “La popolazione libica è contraria all’intervento”, spiega Martin Vane, referente della missione del Drc in Libia, costretto ad evacuare a Tunisi lo scorso settembre per motivi di sicurezza. “Mi chiedo se vogliamo fermare l’immigrazione o vogliamo gestirla. Fermarla è impossibile”, si domandava una settimana fa, quando ancora non era stato chiaro come l’Europa avrebbe condotto la missione in Libia.
I militari europei sono preoccupati dal fatto che i migranti percepiscano l’intervento militare come una missione di salvataggio: “La strategia d’informazione – si legge nel documento – deve evitare di suggerire che il focus dell’intervento sia il salvataggio dei migranti, ma enfatizzare al contrario che lo scopo dell’operazione è ostacolare il giro d’affari del traffico dei migranti”. Il documento precisa che le missioni di salvataggio di Frontex “non vanno pubblicizzate per evitare d’incentivare l’arrivo dei migranti”. Se il Mediterraneo centrale diventerà meno accessibile, prevede il documento, aumenteranno i flussi nella rotta orientale (diretta in Grecia) e occidentale (verso la Spagna). Finora il 2015 è stato l’anno con il maggior numero di decessi in mare: 1.800 quelli stimati, 20 volte di più che nel 2014.

Eunavfor Med ha dei rischi: i militari che la approvano lo sanno. Primo tra tutti, quello di mettere a repentaglio “la reputazione dell’Europa”: per “qualunque sbagliata interpretazione degli incarichi e degli obiettivi (della missione)” oppure per “l’impatto negativo della perdita di vite attribuita, giustamente o ingiustamente, per l’intervento o il non intervento della forza militare europea”. Altro pericolo che corre l’Europa è quello di far intendere “di aver cambiato sponda” tra i contendenti della Libia: la missione rischia infatti di avere un impatto enorme sulla situazione del Paese, tanto che i militari inseriscono nello scenario una possibile intervento sulla terraferma. I militari ipotizzano anche di trovare miliziani dell’Isis durante la missione: “La presenza di potenziali presenze di forze ostili come estremisti o terroristi di Daesh deve essere presa in considerazione”, scrivono.

C’è poi il problema dell’avallo internazionale alla missione. Nel documento i militari indicano una serie di partner possibili: Unione Africana, Onu, Nato, Lega Araba e altri collaboratori come Egitto, Tunisia e quando ci sarà un governo legittimo la Libia. “L’EUMC considera questa interazione con altri partner essenziale per disegnare una sinergia nella attività, per condividere le informazioni e l’intelligence attraverso lo sviluppo di un approccio di una inter-agenzia, per la quale vanno delineate le responsabilità degli attori”, aggiunge il testo.

Il passaggio tra la fase d’osservazione a quella militare vera e propria non sarà senza problemi: “Il sequestro delle navi dei trafficanti dipende dalle leggi degli Stati membri e/o dalle Risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di cui al capitolo VII della Carta”, evidenzia il testo. Senza appoggio della comunità internazionale sarà difficile sequestrare i mezzi.

C’è un secondo documento pubblicato da Wikileaks: “Consiglio del gruppo europeo politico-militare sull’intervento militare contro ‘le navi dei rifugiati’ e in Libia e nel Mediterraneo meridionale centrale”. A realizzarlo il Gruppo politico militare dell’Unione europea, che suggerisce di individuare in modo chiaro gli obiettivi per considerare la missione compiuta (“end-state”). Il mandato è della durata di un anno e sottolinea come si debba dividere la missione da Frontex, a cui continua a rimanere in carico il salvataggio dei migranti.

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