Cultura

24 maggio, Gilberto Oneto: “La storia non ha insegnato nulla a un’Italia che decide ancora senza il consenso del popolo”

"Guerrone", questo il titolo dell'ultimo libro dello storico ed esperto di cultura identitaria: "Ho solo usato l'espressione di papa Pio X che nel 1911 durante il conflitto con la Libia utilizzò questa parola per indicare ciò che stava per iniziare", ha detto a FQ Magazine. "Il nostro Paese è rimasto immutato: oggi si tratta di scelte di politica economica che si riflettono su pensionati e giovani. Ieri, la scelta di entrare in guerra che ha portato la morte di un'intera generazione di ragazzi"

di Elisabetta Reguitti

Tricolore a mezz’asta nel centenario della Grande guerra? Giusto, secondo Gilberto Oneto, storico e esperto di cultura identitaria. “A parte il lutto per tutti i morti di quel conflitto, non dobbiamo dimenticare che ai sud tirolesi di diventare italiani proprio non interessava”.

Giorgia Meloni, leader dei Fratelli d’Italia, via Twitter ha invitato Ugo Rossi e Arno Kompatscher a dimettersi…
Poteva evitarselo. Trovo che Meloni stia andando così bene inseguendo la Lega sui temi dell’immigrazione, che poteva tranquillamente stare alla larga da queste sterili discussioni, e da queste figuracce. Credo infatti legittimo che in Trentino e in Sud Tirolo si possa ricordare la grande guerra in quel modo.

Grande guerra  che per lei è il “Guerrone” peraltro titolo del suo ultimo libro edito da “il Cerchio”.
Ho solo usato l’espressione di papa Pio X che nel 1911 durante il conflitto con la Libia, –  utilizzò questa parola per indicare ciò che stava per iniziare.

Libia, oggi come ieri…
Da punti di vista diversi, ma evidentemente la storia non ha insegnato nulla. L’Italia è la stessa.

In che senso? 
Allora come oggi le decisioni sono state prese senza il consenso del popolo, del parlamento. Oggi si tratta di scelte di politica economica che si riflettono su pensionati e giovani. Ieri, la scelta di entrare in guerra che ha portato la morte di un’intera generazione di ragazzi “a causa” dell’Italia.

 Perché a “causa dell’Italia”?
A causa delle insane aspirazioni imperialistiche d’Italia, nascoste dal mito delle terre “irredente”,  di Trento e Trieste, del confine orientale. Gli interessi di una casta economica e finanziaria, di una monarchia dai grandi appetiti e le “spinte”  straniere sono state pagate un prezzo altissimo fatto di ragazzi mandati al macello, tribunali, condanne a morte e fucilazioni sommarie, profughi e prigionieri, oltre che un enorme danno economico e di immagine: l’Italia aveva tradito gli alleati senza peraltro riuscire a portare a casa un beneficio concreto.

Cosa intende? 
Partiamo dalla Triplice alleanza: i tedeschi volevano contrastare la politica di egemonia continentale di Parigi che strizzava l’occhio alla Russia; l’Austria temeva l’ingerenza dei Balcani mentre l’Italia cercava appoggi e protezione contro l’espansionismo francese, e anche una sorta di assicurazione alla sua monarchia contro i movimenti repubblicani. L’Italia ha contrattato su due tavoli la sua entrata in guerra; a un certo punto si è trovata a essere contemporaneamente alleata di entrambe le parti. Poi ha dichiarato guerra all’Austria senza fare altrettanto con la Germania, per opportunismo. Tutte furbizie che hanno isolato l’Italia e devastato la sua già precaria reputazione.Insomma gli italiani si sono anche allora distinti per la vocazione ai “giri di valzer” e ai cambi dicavaliere.

Se parla di Cavaliere il pensiero corre a Berlusconi…
In effetti la politica estera di Berlusconi e Renzi ha seguito il malvezzo: il risultato è il bassissimo grado di autorevolezza che esprimiamo in ogni sede istituzionale. Anche in Europa con il tema dell’immigrazione. A leggere degli altri stati le quote di accoglienza dei migranti sono chiuse. A sentire Renzi invece le cose vanno a gonfie vele. Noi siamo sempre in un indefinito “mezzo”: siamo con la Russia ma anche con l’Ucraina, con la Persia e con i sunniti…

Il suo libro si chiude con la frase di Gabriele D’Annunzio:”Sono sicuro che l’Italia vincerà, ma se anche non vincesse, avrà vinto;la guerra era necessaria perché la nazione non morisse”.
La prima guerra mondiale è servita per salvare l’unità dello Stato. Ma a che prezzo? Un numero drammatico di morti, feriti e lo sterminio di un’intera generazione. L’Italia ha esasperato le proprie tensioni sociali interne, attentando al libero mercato e condannandosi a un’economia fortemente condizionata allo Stato, preparando la strada al fascismo e a un’altra guerra. Mi rendo conto che la mia è un’analisi politicamente scorretta tuttavia la storia va raccontata e studiata recuperando tutti gli avvenimenti accaduti, analizzandone le date e i dati. La storia d’Italia gronda di plebisciti raggiunti con maggioranze bulgare e con furbizie di infimo livello. L’inserimento degli impresentabili nelle liste elettorali di questi giorni è in perfetta coerenza con questo patriottico cialtronismo. In realtà il “guerrone” non è mai finito.

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