Un mio giovane paziente, colpito dalla notizia del ragazzo precipitato da una finestra durante la gita scolastica, mi racconta che in febbraio durante un soggiorno scolastico a Praga una sera nel gruppo erano molto ubriachi. Per dimostrare di avere ancora un certo equilibrio e di non avere paura, a turno, si misero a camminare sulla balaustra in sasso di un ponte. Uno di loro scivolò improvvisamente ma, per fortuna, riuscì ad aggrapparsi. Ripensandoci ora il mio assistito si rende conto che si trattava di un esercizio molto pericoloso e che l’amico ha rischiato grosso visto che il fiume era gelido.

Gli antropologi hanno riscontrato che in varie tribù e culture esistono riti iniziatici. In particolare il passaggio fra il ruolo infantile e quello adulto viene spesso siglato da prove cui i giovani, soprattutto maschi, si sottopongono. Esempi possono essere quelli dei giovani che si tuffano da una rilevante altezza con una corda legata ai piedi (un poco come il moderno Bungee jumping) o di altri che passano una o più notti fuori dal villaggio soli all’interno di una foresta. In questi rituali si deve dimostrare agli altri e, soprattutto, a se stessi di essere coraggiosi e degni del ruolo adulto.

Nella nostra società l’adolescenza si è artificialmente prolungata a dismisura e molti riti iniziatici si sono persi. Rimangono alcuni momenti che rappresentano simbolicamente il passaggio all’età adulta come ad esempio l’esame di maturità, il ballo delle debuttanti, l’acquisizione della patente, il primo voto politico, l’uscita da casa per una personale abitazione o il primo lavoro.

Anche la gita scolastica, soprattutto quella dell’ultimo anno in cui oramai maggiorenni possiamo decidere da soli, ha ancora per molti ragazzi questo valore simbolico. E’ per questo che durante questa gita si determina il bisogno di dimostrare al gruppo di essere grandi e non avere paura di nulla. Per affrontare il timore è frequente l’uso di alcol e droghe che lo riducono e disinibiscono.

Le dinamiche di gruppo tendono ad accentuare il bisogno di sottoporsi a prove di coraggio come James Dean nel film “Gioventù bruciata” che corre in auto verso il burrone o i protagonisti del film “L’attimo fuggente”. Soprattutto i ragazzi devono dimostrare alle femmine di essere maschi “alfa” e ai loro compagni di non essere dei “caga-sotto” sfidando la sorte ai 200 all’ora o in piedi su un cornicione.

Non so cosa sia successo al povero ragazzo caduto dalla finestra dell’albergo durante la gita scolastica. Esprimo la mia vicinanza emotiva ai genitori perché una madre o un padre non dovrebbero mai vedere la morte del proprio figlio.

So per certo che migliaia di suoi coetanei hanno sfidato per un attimo il destino e per loro fortuna l’hanno, come si dice, “sfangata”. Mi preme sottolineare che non si tratta di situazioni in cui, per errore, mentre si cazzeggia si corre un rischio. Si tratta piuttosto di una inconscia sfida che l’adolescente pone in essere con la morte per dimostrare che solo chi è disposto a morire può vivere appieno la propria esistenza.

Gli educatori, genitori e professori, devono conoscere queste dinamiche psicologiche per cercare di governarle. Non è possibile impedire ai gruppi giovanili di vivere mentalmente questi riti di passaggio ma, essendo consapevoli della struttura psicologica dei giovani, cercare di convogliare le loro energie in rituali più controllabili come ad esempio le competizioni sportive o gli incontri nei balli con l’altro sesso.

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