Cambia la proprietà, ma l’inquinamento resta. La Ferriera di Trieste, impianto siderurgico noto alle cronache per le emissioni inquinanti e l’alta incidenza di tumori registrati fra la popolazione, nonostante il recente acquisto da parte del gruppo Arvedi e le rassicurazioni giunte dalla politica locale, ad aprile ha già superato la soglia annuale concessa dalla legge per gli sforamenti delle polveri sottili.

“Si può produrre in quel sito soltanto se si dà la garanzia ai cittadini e ai lavoratori di non inquinare. L’impegno che si è preso il cavalier Arvedi è fondamentale: la cokeria potrà lavorare soltanto se sarà ‘pulita’”. Parola di Debora Serracchiani (Pd), Presidente del Friuli-Venezia Giulia. “Ciò sarà garantito da un impianto modernissimo, che prevede l’eliminazione delle emissioni e dei fumi”, aveva aggiunto con soddisfazione Serracchiani, commentando l’incontro avvenuto con il cavaliere Arvedi lo scorso febbraio.

Sarà, ma sull’efficacia del “modernissimo” progetto, che garantirebbe – stando alle dichiarazioni dello stesso Arvedi – “la prosecuzione dell’attività dell’area a caldo in condizioni di totale compatibilità ambientale”, la Procura di Trieste nutre qualche dubbio: per bocca del consulente tecnico Marco Boscolo ha infatti fatto sapere di aver trovato “carente” la documentazione fornita sull’impianto di aspirazione delle polveri, e perciò “non valutabile” l’intero progetto, la cui realizzazione dovrebbe iniziare a breve.

Ma i problemi non finiscono qui. Con o senza impianto di aspirazione, la Ferriera non dovrebbe superare – per la concentrazione nell’aria di polveri sottili Pm10 – il numero di 35 sforamenti annuali. Soglia raggiunta in soli quattro mesi, lo scorso 22 aprile. E superata di gran lunga, visto che ad oggi gli sforamenti registrati dalla centralina più vicina all’impianto sono 47.

Lo scorso 13 aprile, all’avvicinarsi del raggiungimento della soglia legale, la Regione ha diffidato Siderurgica Triestina – società proprietaria della Ferriera – a ridurre la produzione. Si tratta della prima diffida per la nuova proprietà, ma l’ennesima nella storia della Ferriera presentata dalle amministrazioni pubbliche le quali, di fronte ai continui e costanti sforamenti, non sono mai arrivate a far chiudere gli impianti. Il Sindaco Roberto Cosolini (Pd) – che inviò la prima diffida nel 2011, a pochi mesi dall’elezione – ha nuovamente manifestato la propria preoccupazione, puntando il dito sul “rilevante numero di sforamenti delle Pm10 nei mesi di marzo e aprile, in buona parte non attribuibili al contesto meteo-climatico locale”. “I dati – ha continuato il Sindaco – non sembrano ancora dare soddisfazione degli interventi già realizzati in area ghisa e degli interventi di mitigazione messi in essere in area cokeria”. I lavori di bonifica e messa in sicurezza degli impianti, già avviati da mesi, stentano infatti a mostrare dei risultati tangibili.

Per tutta risposta l’azienda ha dichiarato, in una comunicazione rivolta ai propri dipendenti, che la centralina dove sono stati registrati gli sforamenti “è in una posizione illegale, se da essa si pretende di far valere i valori di inquinamento come in un’area urbana, essendo essa in area industriale”. Non è la prima volta che viene contestata la centralina: anche la precedente proprietà aveva fatto ricorso, con le stesse motivazioni, al Tar. La sentenza, emessa nell’estate del 2013, aveva dato torto all’azienda: il ricorso, giudicato “inammissibile”, era stato rigettato, in quanto non era stato possibile vedere “quali illegittimità possano sussistere in una scelta autonoma della regione o degli enti esponenziali della regione (Arpa) di collocare una centralina in un centro abitato”. Ilfattoquotidiano.it ha contattato il gruppo Arvedi, che al momento non ha ancora forito la sua posizione ufficiale in merito.

Neanche la nuova diffida, esattamente come quelle passate, sembra aver sortito grandi effetti, dal momento che da quando è stata presentata gli sforamenti giornalieri sono stati, in poco più di un mese, ben 19. Adriano Tasso, segretario dell’associazione NoSmog, avanza un’ipotesi: “La sola limitazione degli sfornamenti quotidiani previsti per la cokeria probabilmente non è sufficiente: come risulta dal documento trimestrale prodotto da Siderurgica Triestina che stima le emissioni diffuse prodotte dall’impianto, la cokeria non è né l’unica né la principale fonte di emissione di polveri. La sua portata è stimata entro il 20% delle emissioni complessive”.

L’impatto ambientale della fabbrica, nelle ultime settimane in aumento, ha spinto gli abitanti alla mobilitazione: “Da quanto ci risulta – continua Tasso – solo negli ultimi quindici giorni sono state  sette le denunce e gli esposti presentati dai cittadini”. Alla battaglia legale si sono poi aggiunte, nelle ultime settimane, due petizioni popolari: la prima, giunta in Consiglio comunale lo scorso marzo e approvata all’unanimità, ha chiesto di ridiscutere l’eventualità della chiusura dell’area a caldo della Ferriera; mentre la seconda, presentata in Consiglio regionale dai circoli Miani e Servola Respira, ha chiesto direttamente la chiusura di cokeria e altoforno. Le firme raccolte dai due circoli sono state più di 10mila: un numero notevole per una piccola realtà come Trieste, che testimonia la crescente insofferenza popolare verso lo stabilimento industriale.

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