L’appello che segue nasce da una mia riflessione di qualche tempo fa, all’indomani delle discusse e discutibili dichiarazioni di Domenico Dolce sui matrimoni tra persone dello stesso sesso e sull’omogenitorialità. Ritengo che sia assolutamente necessario che chi, grazie al lavoro che svolge, ha la possibilità di rivolgersi a una platea, piccola o grande che sia, utilizzi questo suo privilegio per fare un passo avanti e chiedere dignità e rispetto anche a nome di chi non ha la stessa possibilità di prendere una posizione pubblica.

Ho coinvolto in questo appello quindici persone, diverse per età, idee e professione, ma accomunate dalla possibilità di utilizzare il loro ruolo per far passare un messaggio importante: è finito il tempo dei compromessi al ribasso. E’ il momento di ottenere pari diritti.  

Questo diritto continua ad essere negato da una inammissibile prepotenza parlamentare, che ignora un suo preciso obbligo e subordina un diritto fondamentale alla congiunzione tra fondamentalismo di destra e “prudenza” di sinistra.
Stefano Rodotà

Siamo cittadini di questo paese e siamo gay, lesbiche, bisessuali e transessuali. Viviamo e paghiamo le tasse in Italia e chiediamo il rispetto dovuto a ogni cittadino. Non ci interessa qualificarci come minoranza da difendere: non siamo panda del Sichuan, ma uomini e donne che non chiedono, ma pretendono di essere trattati come tutti gli altri.

Nonostante siamo contribuenti italiani, viviamo una vita di serie B. Non vediamo garantiti i nostri diritti fondamentali. Diritti che vanno anche al di là delle leggi e delle norme democratiche, come il diritto a veder riconosciuto il sentimento che ci lega alle persone che amiamo. In ogni angolo del mondo, i diritti delle persone Lgbt sono garantiti da leggi che prevedono il riconoscimento delle unioni e, sempre più spesso, del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Molti paesi prevedono anche l’adozione o il ricorso alla fecondazione artificiale. In Italia, invece, un mix letale di immobilismo politico e influenza religiosa fuori dal tempo e dalla storia (e contraria al concetto fondamentale di Stato laico) vieta a noi e ad altri milioni di persone di essere felici.

Nel corso degli ultimi dieci anni siamo stati presi in giro, sfruttati elettoralmente e poi gettati via senza rispetto da una classe politica (soprattutto di sinistra) che non ha mai avuto il coraggio di trasformare in atti normativi un fiume di tante belle parole ipocrite. Oggi, mentre in tutta l’Europa occidentale siamo gli unici, assieme alla Grecia, a non prevedere alcun riconoscimento alle coppie Lgbt, ci troviamo costretti ad attendere i risultati di un compromesso al ribasso tutto interno alla maggioranza di governo, una trattativa estenuante e a tratti insultante che sacrifica la vita di milioni di persone sull’altare della stabilità dell’esecutivo. Ma noi, cittadini e contribuenti di questo Paese, non siamo più disposti a interpretare il ruolo dell’agnello da sacrificare per giochi di poltrone e bassi istinti partitici.

Non è più il tempo del compromesso. Abbiamo atteso troppo e lo abbiamo fatto con fin troppa civiltà. E chi ha giocato sulla nostra pelle lo ha potuto fare anche perché il movimento Lgbt si è dimostrato troppo spesso diviso, ha svenduto anni di lotte per il tornaconto dei pochi che ne erano o ne sono a capo e si è dimostrato incapace di fare fronte comune per raggiungere l’unico scopo possibile per questa battaglia: la totale equiparazione delle unioni gay a quelle eterosessuali. Il matrimonio egualitario è un diritto, perché il concetto di famiglia non può e non deve coincidere con un punto di vista esclusivamente religioso. Nonostante tutto quello che abbiamo visto succedere in Italia, continuiamo a pensare che il nostro sia un Paese laico, che sappia e voglia garantire uguaglianza di trattamento per tutti i cittadini. E rigettiamo con altrettanta forza le motivazioni di chi richiama la Carta costituzionale per bloccare sul nascere il discorso: un argomento del genere non può essere liquidato da una Costituzione che sull’argomento non è affatto chiara come si vuole far credere e che, per di più, è stata scritta ormai settant’anni fa.

Nel frattempo, anche se in Italia ce ne siamo accorti poco, il mondo è cambiato radicalmente.
La lezione più eloquente in questo senso arriva non da una “pericolosa” nazione sovversiva ma dagli Stati Uniti d’America, dove il presidente Barack Obama ha deciso di investire una parte cospicua del suo doppio mandato presidenziale in questa lotta di civiltà a favore del matrimonio egualitario.

I leader politici italiani non hanno voluto e saputo dimostrare lo stesso coraggio. E chi oggi ci offre una legge al ribasso, deve sapere che non accetteremo nulla che non sia la totale e sacrosanta uguaglianza di fronte alla legge dei nostri diritti di cittadini. Non possiamo e non vogliamo accettare che il futuro di milioni di persone venga deciso da riunioni al chiuso dei Palazzi della politica, considerando troppo le richieste di alleati di governo sedicenti “moderati” e troppo poco chi, come noi, sa di cosa parla e sa quanto la società italiana sia pronta, molto più della classe politica che la guida, ad accogliere leggi e norme di civiltà. Ciascuno di noi, nella convinzione che la battaglia per i diritti delle persone e delle coppie Lgbt sia cruciale in questa fase storica, politica e culturale, mette la propria fetta di visibilità a disposizione di questa sfida alla politica e al Parlamento italiano.

Saremo attenti e inflessibili testimoni di quanto succederà nelle prossime settimane nelle aule parlamentari. Il nostro amore non solo osa pronunciare il suo nome, ma urla a gran voce che il tempo del cambiamento è arrivato. Vogliamo tutto e lo vogliamo adesso. Non perché siamo diversi da tutti gli altri, ma proprio perché siamo uguali.

Alessandra Angeli, make up artist e soubrette
Fabio Canino, conduttore
Riccardo Conti, critico d’arte e docente
Michele Lanzarotto, ufficio stampa
Claudio Mastroianni, content manager
Sebastiano Mauri, scrittore
Marco Mazzei, social media manager
Domenico Naso, giornalista
Diego Passoni, conduttore radiofonico
Luca Poma, giornalista
Martina Pennisi, giornalista
Pino Strabioli, attore e conduttore televisivo
Andrea Tomasi, giornalista
Riccardo Vannetti, dirigente
Claudio Volpe, scrittore

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