La notizia è ormai nota e sta impazzando da ore nel mondo dei social network e rimbalzando su tutti i principali media.

Giustina Noviello, l’avvocato dello Stato che ha difeso il Governo nel celeberrimo giudizio di legittimità costituzionale all’esito del quale la Consulta ha dichiarato parzialmente illegittima la riforma Fornero sulle pensioni, dando vita così ad uno dei più grossi problemi che l’esecutivo di Matteo Renzi si è trovato, sin qui, ad affrontare, avrebbe ripetutamente espresso via Twitter dubbi, perplessità e critiche neppure tanto velate all’indirizzo del Premier sebbene su questioni diversi e distanti da quella oggetto del giudizio in questione.

Camera, legge stabilita' - fiduciaLa notizia – perché di una notizia indiscutibilmente si tratta con buona pace di chi vorrebbe che il diritto alla privacy possa spingersi fino a garantire l’oblio a posizioni politiche pubblicamente espresse da un Avvocato dello Stato incaricato di difendere il governo in una vicenda dagli innegabili riflessi politici – l’ha data, via twitter, Riccardo Puglisi, economista di Italia Unica ovvero del movimento politico fondato da Corrado Passera, Ministro proprio nel governo Monti che alla norma oggi dichiarata incostituzionale diede i natali.

Ma i fatti – a differenza delle opinioni – son fatti e tali restano anche se a darli è chi riguardo agli stessi ha un proprio interesse più o meno diretto.

E’ un episodio grave che meglio sarebbe stato non si fosse verificato perché, inesorabilmente, finisce con il rendere ancor più cupo il cono d’ombra che in tanti hanno proiettato sulla sentenza sin dal giorno successivo alla sua pubblicazione avanzando il sospetto che “politiche” non ne siano solo le conseguenze ma anche le motivazioni.

E’ ovvio, in un contesto di questo genere, che apprendere che la difesa del governi davanti alla Consulta è stata curata da chi del Premier non ha mai fatto mistero di non essere una fan, amplifica ed alimenta questi dubbi.

Guai, però – perché si sbaglierebbe – a confondere i dubbi e le perplessità legittime in qualcosa di più e di diverso perché non esiste, allo stato, alcun elemento idoneo a giustificare il sospetto che l’Avvocato dello Stato in questione non abbia, sotto il profilo tecnico-giuridico, garantito al governo la miglior difesa possibile.

Non coglie nel segno, in questa direzione, neppure la “denuncia”, fatta, sempre via Twitter, dallo stesso Puglisi nei giorni scorsi, all’indirizzo dell’Avvocatura dello Stato, di aver portato all’attenzione dei giudici della Consulta una stima sottodimensionata dell’impatto economico di un’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della riforma Fornero.

Non tocca, infatti – come via twitter aveva ben spiegato proprio l’Avvocato Noviello – all’Avvocatura dello Stato far di conto, né stimare l’impatto delle leggi che essa difende in punto di diritto.

Né, d’altra parte, la circostanza che l’Avvocato dello Stato incaricata di difendere il governo dinanzi alla Corte Costituzionale nella vicenda in questione, abbia una cattiva opinione del premier è, di per sé, sufficiente a consentire di puntare il dito contro di lei o contro chi a lei – ammesso anche che ne conoscesse le idee ed opinioni politiche – ne ha affidato la difesa dello Stato.

E’, infatti, assolutamente naturale – e, forse, persino inevitabile – che un Avvocato dello Stato, specie se di lungo corso, si ritrovi a rappresentare governi dei quali condivide intimamente di più le posizioni politiche e governi dei quali, tali posizioni, condivide di meno.

Gli Avvocati dello Stato devono garantire allo Stato – che si tratti del governo o di un’altra qualsiasi Amministrazione – la miglior difesa tecnico-giuridica possibile e per farlo non c’è bisogno che condividano la posizione politica di chi si avvicenda sullo scranno più alto di Palazzo Chigi.

C’è però – e va scritto con altrettanta chiarezza – una differenza sottile ma profonda nella condotta di un Avvocato dello Stato che difende il governo non condividendone la posizione politica e un Avvocato dello Stato che mentre è incaricato di difende il governo in una vicenda di evidente e straordinario impatto politico non avverte l’inopportunità di condividere, con il mondo, via twitter, le proprie legittime e personalissime convinzioni politiche sul Capo di quel governo.

Sotto tale profilo la condotta dell’Avvocato dello Stato in questione non appare scusabile.

La mente e le dita l’hanno evidentemente tradita, inducendola, ad ispirare il proprio comportamento ad una leggerezza che oggi mette innegabilmente in imbarazzo l’istituzione che rappresenta e fa sorgere un legittimo sospetto – sebbene davvero niente di più di un sospetto – che in quel giudizio, questo governo, possa essere stato difeso con minor convinzione di quanto non avrebbe meritato.

E’ solo un sospetto ma la condotta di chi amministra giustizia – non ha importanza se sedendosi da un lato o dall’altro della sbarra – deve essere condotta idonea a scongiurare anche semplicemente il rischio che certi sospetti sorgano in capo all’opinione pubblica.

Ed è a questo, d’altra parte, che serve sin dal lontano 1876 – ovvero dall’anno della fondazione dell’Avvocatura dello Stato – il c.d. “decalogo” di Giuseppe Mantellini, fondatore dell’Avvocatura e suo primo Avvocato Generale.

Un insieme di regole di buon senso, etica pubblica ed opportunità, oggi confluite nel Codice etico dell’Avvocatura dello Stato, un codice che, tuttavia – come la più parte dei codici etici attualmente in circolazione – non tiene, sfortunatamente conto dell’innegabile ridefinizione del confine tra comportamenti ed opinioni pubbliche e private degli Avvocati dello Stato, nell’era dei social network e che, pertanto, mentre si preoccupa di stabilire, ad esempio, che l’Avvocato dello Stato deve curare “il proprio aspetto in ufficio e in udienza nonché in generale, il proprio comportamento in modo che non ne derivi discredito per l’Istituto”, non dice alcunché circa il fatto che l’Avvocato dello Stato debba astenersi dal condividere nell’universo social, le proprie convinzioni ed opinioni politiche, non già perché non possa averne quanto, invece, perché inopportuno siano di dominio pubblico.

Sembra arrivato il momento che le Amministrazioni dello Stato tutte – e, forse, non solo le amministrazioni dello Stato – prendano atto dell’impatto del fenomeno internet e arricchiscano i propri codici di condotta con qualche indicazione essenziale di social media policy, ispirata al buon senso ed all’opportunità ai tempi della comunicazione sul web.

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