Serie B, Berlino, Barcellona. E Buffon. La lettera che rappresentò il purgatorio diventa quella del riscatto. Nove anni dopo la Juventus chiude il viaggio, comunque andrà contro i marziani di Luis Enrique. Lo ha certificato su Twitter anche Alessandro Del Piero, primo tifoso della Vecchia Signora: “Da Berlino alla B, dalla B a Berlino: grandissimi ragazzi”. Era l’estate del 2006, della magica notte in quello stadio che il 6 giugno sarà l’ultima curva da superare. L’Italia marchiata di bianconero batteva la Francia e diventava campione del mondo, mentre i pilastri di quella nazionale si preparavano a calpestare i campi di provincia. È nata lì, questa finale. Dalle ceneri di Calciopoli sotto le quali è covata la voglia di riscatto di Gianluigi Buffon, ad esempio. Lui una Champions League non l’ha mai alzata. La sfiorò a Manchester contro il Milan e non avrebbe mai pensato di tornare ad accarezzare il sogno europeo in questa stagione.

Subì 30 gol in B per ricominciare la risalita. Ci è voluto un po’ per sgombrare le macerie e mettere le fondamenta. Un lavoro lungo, fatto di sconfitte e anni duri. Nel 2007/08 sembrava che tutto potesse tornare come prima in poco tempo. La Juventus arriva terza al ritorno in A sotto la guida di Claudio Ranieri e si qualifica per la Champions League. L’anno seguente raggiunge gli ottavi di Champions e il secondo posto. I bianconeri battono il Real Madrid nei gironi e il Bernabeu scatta in piedi per Del Piero, un po’ come con Pirlo sette anni più tardi. Vincono il derby, battono la Roma 4-1 nella capitale. Poi otto partite consecutive senza vittorie minano posizione e certezze e trent’anni dopo Luis Carniglia tocca a Ranieri essere il primo allenatore allontanato dalla panchina juventina. Siamo già al 18 maggio, arriva Ciro Ferrara per due partite. È il momento più delicato perché segue un’annata da dimenticare. Vengono acquistati Felipe Melo e Diego, cambia il presidente e anche l’allenatore. Ciro Ferrara vive sei mesi di fuoco e il 29 gennaio 2010 la società lo sostituisce con Alberto Zaccheroni dopo una sconfitta con l’Inter. La Juventus arriva settima. Una posizione che ripete anche l’anno successivo sotto la guida di Gigi Delneri, venendo anche eliminata alla fase a gironi dell’Europa League. È però un anno di rivoluzione, il primo abbozzo di quella Juventus che sarà. Andrea Agnelli cambia i quadri dirigenziali. Dentro Giuseppe Marotta e Fabio Paratici, fuori Alessio Secco e Roberto Bettega. Il mercato porta a Vinovo future colonne come Leonardo Bonucci e Andrea Barzagli, ma anche flop come El Malaka Martinez.

Soprattutto alla Continassa sta prendendo forma la nuova casa bianconera, lo Juventus Stadium. Dall’8 settembre 2011 diventerà orgoglio dei tifosi e fortino della squadra. Che dall’estate passa sotto la guida di Antonio Conte. Arriva Andrea Pirlo a parametro zero, viene pescato Arturo Vidal che sarà la chiave di volta per convincere Conte a rinunciare al 4-2-4 per plasmare prima il 4-3-3 e poi il 3-5-2. Il centrocampo con il cileno, il metronomo azzurro e Claudio Marchisio, sbocciato in B e ora perno della mediana con 10 gol segnati in stagione, costituirà l’asse portante di tre anni d’oro. La Juventus acquista anche Stephan Lichtsteiner e conquista subito il 28esimo scudetto. Senza i due non conteggiati per Calciopoli, sarebbero 30 e questo comporta uno scontro con i vertici del calcio per l’uso della terza stella. Fa tutto brodo per aumentare gli stimoli e ricostruire una ‘famiglia‘.

L’ossatura della squadra è ormai fatta. Inizia il dominio, anche perché in estate si aggiungono Kwadwo Asamoah e Paul Pogba, soffiato al Manchester United. Tre scudetti consecutivi, l’ultimo da record con 102 punti e 33 vittorie su 38 partite. La Juventus vince tutti gli impegni casalinghi, chiude con 80 gol segnati e appena 23 subiti. In Europa c’è sempre qualcosa che gira storto, però. I quarti di finale contro il Bayern Monaco dimostrano quale sia il distacco tra la Juventus e le big continentali. E nonostante nell’estate 2013 a Torino sbarchino Carlos Tevez e Fernando Llorente, Conte non va oltre i gironi. Nel giorno in cui si festeggia lo scudetto della terza stella (ufficiale) fa capire chiaramente che ci vorrebbero investimenti per compiere il salto di qualità in Champions. Si sbaglia. In estate va via, la Juventus puntella appena. Vince il quarto scudetto consecutivo e vola in Europa. Non era l’anno delle incertezze, ma quello della maturità definitiva. E oggi Buffon, quello che c’era a Berlino il 9 luglio 2006 e il 9 settembre successivo si tuffava tra i pali del Romeo Neri di Rimini subendo il gol del pareggio da Adrian Ricchiuti, para su Bale e Benzema e può tornare all’Olympiastadion.  

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