Tu quoque, Alvaro, fili mi. Sì, proprio Morata trascina la Juventus in finale di Champions League dodici anni dopo Manchester. Castiga lui il Real Madrid per la seconda volta dopo il gol dell’andata. E fa impazzire di gioia i tifosi bianconeri mentre il Bernabeu, tradito, lo fischia alla sostituzione. I bianconeri arrivano a Berlino (6 giugno) dopo aver costruito mattone dopo mattone la strada, cambiando in corsa modulo e conquistando fiducia e maturità. Nei novanta minuti di Madrid la metamorfosi dettata da Allegri emerge in tutta la sua potenza. La Juventus sa attendere e soffrire, poi diventa spietata e si regala una serata da sogno trascinata dal giovane Morata e sorretta da un paio d’interventi di Buffon, la colonna che scese in B da campione del mondo e ora andrà a giocarsi quella Champions che non ha mai vinto nello stadio dove trionfò con l’Italia nel 2006.

Per chiudere il cerchio bisognerà battere il Barcellona stellare di NeymarMessiSuarez. Sembrava impossibile anche poter sconfiggere BaleBenzemaCristiano Ronaldo. Eppure a castigarli è stato proprio quel ragazzino che non trovava spazio tra le stelle milionarie. Si è presentato al Bernabeu a testa alta, come tutta la Juve che non mette da parte i proclami della vigilia e parte senza paure, anche se il primo pericolo lo crea il Real con un numero di Benzema. Però i bianconeri ci sono, provano a controllare il ritmo tenendo basso il voltaggio. Si dispongono con il 4-4-2 in fase difensiva quando Vidal scivola sulla linea del centrocampo prima di allungarsi in attacco, divenendo il più pericoloso al quarto d’ora con una botta di sinistro dopo un’azione insistita di Tevez. Casillas è attento e si alza il vento Blancos. Perché la Juventus rincula e si lascia schiacciare, spesso sorpresa a destra dalle aperture di Kroos per Carvajal, sul quale Pogba è molle in copertura. Proprio da quelle zone Bale scaraventa da fermo un bolide su Buffon. È il segnale dell’assalto che si concretizza dopo tre minuti di pressione quando Chiellini interviene in maniera scomposta su una percussione di James Rodriguez anche se il colombiano era ormai chiuso. È il 23′ minuto, Atkinson non ci pensa due volte e punisce l’ingenuità del difensore azzurro. Dal dischetto Cristiano Ronaldo spara secco e centrale ribaltando il discorso qualificazione. 

Da quel momento è la Juventus a dover fare la partita. Resta stordita per qualche minuto, complice un Pirlo impreciso. Poi risale la corrente. È disordinata e non sfrutta i calci piazzati ma dà costantemente la sensazione di potersi infiltrare tra i quattro davanti a Casillas, spesso scoperti perché in mediana manca il filtro. Ma quando il Real accelera fa paura e Buffon prima viene graziato da Ronaldo e poi è decisivo su Benzema. Ogni pallone pesa un quintale, si sbaglia molto con la complicità anche del caldo torrido che fa boccheggiare Madrid. La Juve è tradita dalla coppia P&P, Pirlo va sottoritmo e Pogba ci mette un’ora a carburare dopo cinquanta giorni di stop. Il migliore è Marchisio, pericoloso subito dopo l’intervallo con un destro teso ma fuori di poco. Una conferma che quando si bussa alla difesa madridista, spesso si trovano spazi dai quali si può entrare. Allegri spinge i suoi ad alzare il baricentro, Vidal non si abbassa più. È il momento della scossa. Che arriva.

Grazie agli sviluppi di una punizione conquistata proprio dal cileno che poi ributta dentro per Pogba. La spizzata del francese è un babà che Morata arricchisce di panna. Il gol dell’ex, ancora. Come all’andata. Il ragazzo acerbo si fa uomo nella casa dov’è cresciuto. E dopo il brivido per una conclusione sottomisura di Bale, il più pericoloso, ancora lui potrebbe ammazzare il pathos dell’ultima mezz’ora ma arriva tardi sul cross di Marchisio, che dieci minuti dopo si fa murare da Casillas in uno contro uno. Con il Real costretto a cercare il gol per allungare la sfida, la Juve ha autostrade nelle quali lanciarsi. Almeno fino a quando Allegri non decide che è arrivato il momento di passare al 3-5-2 che garantisce copertura sugli esterni. L’obiettivo è sterilizzare lo sfogo finale degli uomini di Ancelotti, probabilmente all’ultima da allenatore al Bernabeu, pronti a frustrare su ogni possesso. Pronti ma non in azione, visto che i momenti di maggior tensione di Buffon vengono provocati da due palle perse di Tevez e Pogba. Troppo poco per ribaltare la forza granitica di una squadra impastata più con il lavoro che con i milioni. L’ingrediente migliore per andare a Berlino ad affrontare il Barcellona senza paura.

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