L’Enel porterà a casa degli italiani l’ultimo miglio in fibra, Terna ospiterà sui tralicci dell’alta tensione i cavi per la trasmissione dati. Nei piani del governo i due gruppi potranno così partecipare alla creazione di un’infrastruttura passiva che sarà a partecipazione pubblica, aperta a tutti gli operatori a parità di condizioni e ruoterà attorno a Metroweb, controllata da F2i e dal Fondo strategico italiano di Cassa deposti e prestiti. Al progetto potranno partecipare anche gli operatori di telefonia. Inclusa Telecom Italia. A patto di non avere il controllo della nuova infrastruttura in fibra del Paese. Questo è lo scenario su cui si discute in questi giorni a Palazzo Chigi. Mancano però ancora i dettagli esecutivi. E, del resto, non potrebbe essere altrimenti dal momento che gli operatori dovranno comunicare entro il 20 giugno i piani di investimento per le aree a fallimento di mercato. Intanto Renzi ha ricordato che “la banda ultralarga è un obiettivo strategico”. E che “non tocca al governo fare piani industriali. Ma porteremo il futuro presto e ovunque” grazie a 6,5 miliardi di investimenti pubblici per la banda ultralarga nelle zone meno redditizie del Paese.

È su questi aiuti pubblici che si gioca il futuro digitale del Paese. Non a caso il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli ha spiegato che “ci saranno incentivi per gli operatori che vorranno investire nelle aree dove nessuno si fa avanti. Nel caso ci fossero due o più pretendenti all’incentivo si sceglierebbe in base ai tempi e ai costi”. Il riferimento è a Telecom e a Metroweb, ma anche all’Enel, che avrà il suo vantaggio dall’ingresso nella partita banda ultralarga. Il gruppo ha infatti già previsto nel piano industriale quinquennale al 2019 la sostituzione di 32 milioni di contatori obsoleti con quelli di nuova generazione. In pratica, l’azienda dovrà contattare gli utenti e arrivare fino al contatore che si trova all’interno degli stabili e degli appartamenti, esattamente come dovrebbe fare un operatore di telefonia per posare la fibra.

Non a caso a febbraio dello scorso anno la società guidata da Francesco Starace aveva siglato un accordo con Telecom Italia, in cui si prevedeva “l’avvio di attività congiunte per utilizzare le reti Enel per la posa della fibra ottica di Telecom, sia per la telefonia fissa, sia per i collegamenti con le stazioni radio base di quella mobile”. Questo significa che l’Enel cambierà mestiere o semplicemente farà un investimento capace di portare una rendita per l’affitto agli operatori sulla scia di quanto accade oggi per l’ultimo miglio in rame di Telecom? A giudicare dalle parole dei vertici di Enel, il management ha già deciso di percorrere questa seconda opzione escludendo una nuova avventura nelle telecomunicazioni. Analoga strategia adotterà con ogni probabilità anche Terna: il gruppo, proprietario della dorsale elettrica del Paese, potrà usare i suoi 250mila tralicci dell’alta tensione per far passare i cavi in fibra grazie ad una nuova tecnologia che limita i disturbi della corrente. A livello operativo, Terna potrà contribuire con capitali e infrastrutture per raggiungere i comuni fino a 3mila abitanti. Una volta raggiunto i piccoli centri abitati delle aree meno redditizie del Paese, saranno poi l’Enel o la stessa municipalità con progetti ad hoc a fare il resto.

Non resta che chiedersi quanto tempo dovranno ancora attendere gli italiani affinché questa rivoluzione tecnologica diventi una realtà. Per Renzi questo è un nodo cruciale. Per questo il governo sta lavorando per capire come evitare che un operatore prenotato su una data area a fallimento di mercato possa poi, di fatto, ritardare la fornitura di servizi a banda ultralarga. Secondo indiscrezioni trapelate dall’incontro fra operatori, Cdp, Antitrust e Agcom alla sede romana del Pd, il governo ha proposto di introdurre precisi vincoli agli investimenti come vorrebbe anche Bruxelles. Ma ancora siamo lontani da una griglia stringente sui tempi e da un sistema di controlli e sanzioni che garantiscano l’attuazione dei programmi da parte degli investitori privati. In compenso però l’esecutivo cerca nuovi incentivi per gli investitori privati e torna a valutare l’ipotesi dell’abbattimento degli oneri amministrativi locali per chi investe nella banda larga. La proposta era stata avanzata in un emendamento al decreto Sblocca Italia, ma era poi stata messa da parte per il timore di una riduzione negli introiti degli enti locali. Inoltre il governo ha anche al vaglio la semplificazione delle normative comunali dei centri storici per consentire il passaggio dei cavi per via aerea laddove fosse impossibile o eccessivamente costoso procedere a scavi per la posa a terra. Sarà sufficiente questo piano d’azione a garantire il raggiungimento degli obiettivi del governo? A fine giugno il quadro sarà di certo più chiaro. Salvo nuovi slittamenti.

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