Quartiere Poggi a ovest. Quartiere Castagnara a est. Lembi estremi alla periferia di Massa. Dietro, le Apuane: marmo e ricchezza che da qui non è passata. Piazze di spaccio importanti. Campagna mangiata dal cemento. Viuzze strette. Vicoli ciechi. Viali vuoti. Villette col giardino ben curato e palazzoni popolari che sovrastano tutto ciò che sta ai loro piedi. In questo labirinto di strade, da un mese, due bande combattono una guerra che ha colto di sorpresa una città considerata tranquilla, a due passi dalla Versilia delle vacanze, dall’austerità di Lucca, dal benessere dell’Emilia.

Risse. Accoltellamenti. Quattro agguati. Colpi di revolver e di fucile sparati da auto e scooter in corsa contro le case e le macchine dei rivali e dei loro parenti. Chi ha visto o sentito qualcosa tiene la bocca chiusa per paura di ritorsioni. Perché i protagonisti di questa faida sono una decina di “bravi ragazzi” cresciuti in quartieri difficili che si danno arie da boss.

In ballo c’è il controllo dello spaccio di droga. Pochi grammi di marijuana e hashish. Qualche bustina di cocaina. Conti in sospeso da regolare. O forse qualcosa di più. Perché Massa è un crocevia importante del traffico. A pochi chilometri ci sono Genova, La Spezia e Livorno: porti da dove entra buona parte della coca e dei panetti provenienti dal Nord Europa, dalla Spagna e dal Nord Africa. E a pochi chilometri la Versilia: mercato sempre florido.

Indagini silenziose, certosine, delicate. Tanta omertà. Ma anche soffiate e confidenze. Gli investigatori – coordinati dal procuratore capo Aldo Giubilaro – battono tutte le piste, ma hanno già le idee chiare. Sul campo la squadra mobile, guidata da Antonio Dulvi Corcione. Un poliziotto tosto, con tante tacche sulla divisa, che di quelle strade conosce vita, morte e miracoli. Da mesi, lui e i suoi uomini stanno riscrivendo i capitoli di questo romanzo nero che racconta il lato oscuro di Massa.

Ma la trama è complessa. Perché la violenza di oggi parte da lontano. Un filo rosso che lega droga, sgarri e disagio sociale. Ottobre 2013. Piazza De André, località Cinquale. Da una parte quelli dei Poggi. Dall’altra quelli di Castagnara e di Montignoso. Una decina di persone in tutto. Saltano fuori mazze e bastoni. Volano sedie e fioriere. La rissa devasta il bar Vintage. Tre agenti della polizia penitenziaria che si trovano lì a bere cercano di intervenire: vengono picchiati anche loro. Due giorni dopo parte una spedizione punitiva dei ragazzi dei Poggi al Villaggio Castagnara: finisce a sprangate. Due mesi dopo l’epilogo è peggiore. Giacomo Pucci, dei Poggi, accoltella Marco Menchini all’uscita del discopub Baraonda: tentato omicidio e condanna (in secondo grado) a sei anni e sei mesi.

I primi morti a Natale 2013. Una banale rissa per motivi da sabato sera – in apparenza – che lascia a terra Andrea Fruzzetti, 21 anni ed Enrico Baria, 30 anni, uccisi con undici coltellate: tre il primo, otto il secondo. Rimangono gravemente feriti altri due. Nella furia vengono distrutte anche tre auto in sosta. Alla sbarra: Andrea Mazzi dei Poggi, anche lui appena ventenne. L’accusa: duplice omicidio volontario, tentato omicidio, lesioni e danneggiamenti. Rischia l’ergastolo. Dibattimento in corso. Mentre in sottofondo risuonano gli spari. Coincidenze temporali che non sfuggono agli inquirenti. Perché gli agguati non scandiscono solo il processo: si inserirebbero in una resa dei conti tra chi deve impossessarsi del business dello spaccio e chi deve essere messo alla porta.

I primi proiettili partono la sera del 12 aprile. L’obiettivo è la casa di un quarantenne dei Poggi con precedenti per droga alle spalle. Cinque colpi. Due revolver che fanno fuoco. Due auto che ingranano la prima e schizzano via. La notte del 23 aprile la replica. Cambia il quartiere. Siamo alle Cinque vie. Ma il copione è simile. E’ l’una di notte: tre colpi di fucile vengono sparati contro l’abitazione dei genitori di un ragazzo coinvolto nella rissa di Natale. Due persone su uno scooter svaniscono nel buio come fantasmi. A rimanere impressi sono solo i buchi dei pallettoni sulla facciata rosa della villetta.

Due giorni prima, la stessa casa viene bersagliata da due colpi. Ma nessuno chiama le forze dell’ordine o sporge denuncia. L’ultimo blitz viene messo in atto la sera del 25 aprile. Siamo ancora nel quartiere dei Poggi, via Confalonieri. Sono le tre del mattino. Un’auto rallenta. Il finestrino si abbassa. Il passeggero tira fuori il braccio, in mano un revolver. Ancora cinque colpi. Questa volta contro una Opel Merida intestata alla madre del quarantenne preso di mira due settimane prima. Quattro agguati in quindici giorni. Poi, per ora, più niente. “Sembra che sia stata raggiunta una pax armata – dice un investigatore – ma per loro ormai è troppo tardi”.

Aggiornato da Redazione web il 2 settembre 2015

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