Torno a parlare di Brunori Sas. Se seguite questo blog, o se seguite il cantautore dal nome societario non credo sia necessario un riassunto delle puntate precedenti. Per gli altri, in due righe.

brunorisas905Mesi fa, quando sono stati annunciati gli album in lizza per la Targa Tenco, ho scritto un post dagli intenti vagamente provocatori, questo. In sintesi dicevo che il progetto Brunori Sas mi sembra finto, che la musica dei Brunori Sas mi sembrava approssimativa e che, a ben vedere, finto per finto, a loro e a quelli come loro, indicando altri nomi della scena cosiddetta indie, preferivo i Dear Jack, che fanno una musica che mi fa orrore, ma che quantomeno non giocano con il mio immaginario. Apriti cielo, mi si è scatenato contro l’inferno, anche in virtù di una lunga risposta di Dario Brunori sulla pagina pubblica del suo progetto. Tra coloro che mi hanno criticato, in maniera molto garbata, o che quantomeno hanno cercato di spiegarmi che sul fronte sincerità artistica mi stavo sbagliando c’era anche un collega, Stefano Cuzzocrea. Io e Stefano siamo a lungo stati amici di penna, quindi il suo sbracciarsi per dirmi che mi stavo sbagliando, mi ha colpito. Anche perché il suo sbracciarsi era rivolto anche a Brunori, verso il quale ha speso belle parole nei miei confronti. Come dire, vi stimo entrambi, trovate un punto d’incontro. Io e Dario ci siamo scritti, in privato, e ci siamo anche dati un appuntamento per un caffè, che poi non è mai seguito, come spesso capita nella vita.

Poi succede un fatto privato. Un fatto privato che riguarda sia me che Dario, e soprattutto il mio collega Stefano. Lui, Stefano, malato da tempo, non ce la fa. Muore. La notizia mi sconvolge, in barba a quanti sostengono che la vita che si svolge sui social sia finta. Stefano, che ho incontrato una sola volta nella vita, era un mio amico, vero, e il fatto che si sia prodigato per rappacificare due suoi amici, uno social, come me, e uno in carne e ossa, come Dario, lo attesta. La cosa, suppongo, ha sconvolto anche Dario. Così non può che essere, in questi casi.

Allora mi sono messo a studiare ulteriormente la pratica Brunori Sas, anche nella sua versione Brunori Srl, con la quale ha portato in giro uno spettacolo di teatro canzone (la dicitura Srl, società a responsabilità limitata, giocava proprio con le responsabilità di chi ci mette la faccia o di chi non ce la mette).
Ho riascoltato a lungo i suoi lavori, con orecchi diversi. Intendiamoci, le mie impressioni sul fronte musicale, in parte, restano, ma non era quella, immagino, la critica che ha fatto arrabbiare l’artista calabrese, quanto il mio indicarlo come un falso.

Cito un episodio apparentemente off topic. Tanti anni fa c’era un grande difensore del Manchester United, una delle squadre più forti di tutti i tempi, durante la gestione di Sir Alex Ferguson. Roy Keane, il suo nome. Un centrocampista incontrista di acciaio, di quelli che, come diceva Passerella, facevano male per il gusto di farlo, non per necessità. Durante uno scontro di gioco con una squadra minore inglese, il Leeds, Keane si scontrò con il calciatore norvegese Haaland, che gli ruppe il menisco. L’incauto giocatore, nel vedere Keane a terra, gli si avvicinò urlandogli contro improperi, “sei un simulatore”, questa l’accusa. Era il 1997. Quattro anni dopo Haaland gioca nel Manchester City, l’altra squadra mancuniana. C’è il derby, e sul volgere della partita, Keane entra con la gamba tesa sul ginocchio dell’avversario, fuori dall’azione di gioco. Gli spezza la gamba in due, e determina la fine della sua carriera. Mentre Haaland è in terra, Keane gli sputa contro. Giorni dopo torna sull’episodio, e dice che l’intervento è stato volontario, non certo per il fatto che il norvegese gli avesse rotto il menisco, ma per la sua accusa di essere un simulatore.

Ecco, credo che, in quell’occasione, agli occhi di Brunori, io sia stato Haaland. Ma lui non è stato Keane.

Quindi ora son qui a scrivere un post che vuole essere una sorta di calumet della pace, ma anche altro. Non conosco di persona Dario Brunori. Conosco Dario Della Rossa, che della band di Brunori è il bassista, e con lui mi sono a lungo intrattenuto su argomenti vari. E consocevo Stefano Cuzzocrea. Quindi, sulla fiducia, posso dire di essermi sbagliato. Non è un paraculo, Brunori, non è un simulatore.

Ma visto che Brunori Sas se ne va in giro con spettacoli di teatro canzone, vado oltre.

In un momento in cui sembra che la politica, intesa come attenzione alla vita pubblica, sia uscita dal raggio d’azione dei cantautori tradizionali, con Fedez e J-Ax diventati, loro e nostro malgrado, referenti per quel che riguarda il parlare dell’oggi, mentre un Jovanotti o un De Gregori, e mi si scusi il paragone, ma anche un Vecchioni e un Daniele Silvestri non parlano, chiedo a Dario Brunori, e con lui a tutti coloro che stanno tentando una via nuova, contemporanea, al cantautorato, penso a un Appino, a breve fuori con un nuovo album, a Demartino, appena uscito, alle Luci della centrale elettrica, allo Stato Sociale, ai Nobraino, al Management del Dolore Post-operatorio, a I Cani, a Dente, Iosonouncane, insomma, ci siamo capiti, a tutti voi, a partire da Dario Brunori, di uscire dal guscio e parlare.

Apriamo un tavolo, come avrebbero detto ai tempi del Folk studio. Facciamo un manifesto. Non lasciamo soli chi ascolta, azzeriamo il silenzio. Io mi metto a disposizione per fare da raccordo. Offro questo spazio. Cominciate ad aiutarci a decodificare il presente, vi stiamo aspettando.

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