Forse non ci siamo capiti con il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Aveva fatto ben sperare nei mesi scorsi la sua decisione di fare chiarezza sulle pagine più oscure della storia repubblicana annunciando la rimozione del segreto di Stato sulle troppe stragi rimaste impunite, da Piazza Fontana all’Italicus, dalla stazione di Bologna a Ustica, da Peteano a Gioia Tauro. “Dovere verso le famiglie delle vittime”, aveva dichiarato Renzi con quell’aria solenne che ama usare per accattivarsi le simpatie generali annunciando i suoi #cambiamentidiversi.

Abbiamo visto in realtà come le carte e gli atti declassificati e messi a disposizione di studiosi e cittadini dopo la “svolta” del premier si siano rivelati una mezza patacca. “Documenti già noti”, hanno per esempio commentato esponenti e parlamentari del Movimento 5 Stelle.

Ciononostante, il fatto stesso che il presidente del Consiglio ipotizzasse la possibilità di introdurre dopo decenni di depistaggi e disinformazione anche un minimo di trasparenza su questi intrighi (di Stato) un fatto importante lo restava comunque.

Poi ecco la vicenda Pollari-Pompa rivelata da ilfattoquotidiano.it. Con la riproposizione del segreto di Stato sulla vergognosa vicenda del dossieraggio operato dal Sismi, l’ex servizio segreto militare, messa nero su bianco in una lettera allo stesso Pollari (che del Sismi è stato per lungo tempo responsabile) da Giampiero Massolo, direttore generale del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza  (Dis) della presidenza del Consiglio. E, soprattutto, con l’annuncio fatto dallo stesso Massolo dell’intenzione del governo di sollevare nuovamente davanti alla Corte costituzionale quel conflitto di attribuzione che potrebbe di nuovo bloccare il lavoro dei magistrati di Perugia che ancora tentano di fare luce sulla vicenda.

Ora, che nella famosa sede di via Nazionale, a Roma, gestita dall’agente Pio Pompa, si raccogliessero dossier illegali su magistrati, giornalisti e altri cittadini che, agli occhi dell’intellingence, avevano il solo torto di opporsi all’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, è ormai assodato. Si tratta di fatti gravissimi, eversivi dell’ordine democratico, sui quali va fatta assolutamente chiarezza. Per cui, ecco le domande che i magistrati umbri tanto avrebbero voluto fare all’ex capo del Sismi: quella di via Nazionale a Roma era «una sede del Sismi o di altro soggetto pubblico o privato»? Le somme elargite «da Pompa Pio a Farina Renato», il triste “agente Betulla”, erano «di origine pubblica o privata o connesse ad operazioni di intelligence autorizzate dal Governo? Quale era la «finalità sottesa a tali erogazioni?». Chi aveva ordinato le attività illecite del servizio segreto?

Sono solo alcuni dei quesiti che i magistrati di Perugia volevano porre a Pollari. Volevano, appunto, perché ora che sappiamo della volontà del governo Renzi di  coprire anche queste vicende con il segreto di Stato, è chiaro che Pollari e Pompa almeno su questo fronte potranno dormire sonni tranquilli.

Resta una considerazione amara che ci permettiamo di segnalare all’attenzione del presidente Renzi. Ancora una volta spioni e servizi più o meno deviati rischiano di farla franca. Stavolta grazie a lui, che pure su intrighi, stragi e malefatte di Stato aveva promesso una svolta definitiva.

Chiaro che non colpendo i colpevoli, impendendo alla magistratura di individuare pienamente  strutture e reponsabili di spiate e dossieraggi illegali, il premier si assume la responsabilità gravissima del rischio di impedire la rimozione definitiva dal campo di uomini e apparati deviati. Ai quali, anzi, concede in questo modo anche una patente di “legittimità democratica”.

Per cui, caro Renzi, chi ci assicura che quelle strutture e quegli uomini non stiano ancora adesso spiandoci?

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