Come valutiamo un progetto di design? La sua validità è determinata dal successo ottenuto all’interno delle industrie creative (fama, vendite, pubblicazioni) o dalla capacità di contribuire criticamente al contesto eco-sociale in cui si inserisce?

Noi tifiamo per la seconda opzione, e non siamo i soli.

Se la maggior parte dei designer partecipa ogni giorno alla creazione di una cultura iper-consumista, dando forma a prodotti, comunicazioni e servizi futili se non addirittura nocivi per la società, qua e là per il mondo stanno prendendo campo progettisti impegnati a modellare futuri più desiderabili: designer che mettono in discussione il loro ruolo e il loro lavoro proprio a partire dalle molteplici crisi attraversate dalle nostre società.

Quali sono i loro punti di forza? Innanzitutto, la volontà di costruire delle alternative al mito del genio creativo che sovrasta tutti gli altri. Ad un modello competitivo ed individualizzante, deleterio soprattutto in tempi di precarietà, vengono opposti modelli di solidarietà e di mutualità. Dalle cooperative che non conoscono gerarchie di salario alla creazione di spazi condivisi e spesso politicizzati, dalle pensioni auto-organizzate allo sviluppo di strutture di supporto per designer che vogliono affrontare tematiche sociali, ambientali e politiche.

Altro punto interessante di quello che potremmo definire “design eco-sociale” è il tentativo di riformulare completamente la relazione tra uomo e natura. Partendo dal presupposto che, come ci hanno insegnato la scienza e la filosofia, in quanto umani esistiamo solamente perché indistricabilmente in rete con altri non-umani, i designer si stanno interrogando su come trasformare i modi in cui abitiamo la terra compatibilmente con il mondo naturale nella sua complessità.

Questo comporta soprattutto cambiare punto di vista: non considerarsi più esseri superiori e disconnessi dai limiti imposti dalla terra, ma piuttosto natura al lavoro.

Come designer, saremo all’altezza delle problematiche contemporanee? La sfida è complessa ma proprio per questo stimolante: il settore è aperto al confronto e ad infinite sperimentazioni.

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