Dopo lo sciopero che martedì ha paralizzato per mezza giornata Milano, torna di attualità l’idea di rivedere la normativa sul diritto dei lavoratori, almeno quelli dei servizi pubblici essenziali, di incrociare le braccia. Le ipotesi allo studio sono diverse, ma l’obiettivo finale è chiaro: evitare il rischio che l’Expo, al via venerdì, e il Giubileo straordinario che partirà l’8 dicembre siano funestati dalla paralisi della viabilità. Palazzo Chigi però, scrive Il Messaggero, non si è mosso per tempo. E tutto fa pensare che a intervenire di propria iniziativa sarà l’Autorità di garanzia sugli scioperi, convocando i sindacati per firmare almeno un protocollo di intesa provvisorio.

D’altronde il presidente dell’authority Roberto Alesse già a giugno aveva chiesto un incontro con esecutivo e sindacati per arrivare a una “moratoria” in occasione dei prossimi grandi eventi. Appello rimasto inascoltato fino a quando, appunto, a tre giorni dall’inaugurazione dell’esposizione universale il capoluogo lombardo è andato in tilt a causa della chiusura di tutte e quattro le linee della metropolitana. Suonando la sveglia per il governo.

Così ora si tenta di correre ai ripari, in estremo ritardo. Tre le strade che potrebbero essere percorse. Innanzitutto, la moratoria auspicata da Alesse. In alternativa, altra proposta avanzata dal garante, si potrebbe prevedere la necessità di un referendum preventivo tra i lavoratori e consentire la protesta solo se le adesioni raggiungono una certa percentuale, come avviene per esempio in Germania, Gran Bretagna, Olanda e Danimarca. Terza ipotesi, lo sciopero potrebbe essere autorizzato solo se le sigle che lo indicono rappresentano la maggioranza degli iscritti tra i dipendenti dell’azienda. Per far questo, però, sarebbe necessario un decreto o un disegno di legge.

Alesse per altro, in un’intervista a Il Sole 24 Ore, aveva anche chiesto una modifica dell’apparato sanzionatorio: “Attualmente l’Autorità invita l’azienda a sanzionare i singoli lavoratori che hanno violato la legge, lasciando un ampio margine di discrezionalità all’azienda. Bisogna invece tipizzare le sanzioni a carico dei singoli lavoratori che si astengono illegittimamente dal servizio”. Infine, il numero uno dell’authority auspicava che fosse “recepito in una norma che il principio della fruizione del patrimonio artistico è servizio pubblico, almeno durante le franchigie, in modo da evitare casi come quelli della chiusura di Pompei, del Colosseo o degli Uffizi”.

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