Le celebrazioni e gli anniversari, in discografia, mi hanno sempre messo una certa malinconia. In genere si fanno di artisti che non ci sono più, vuoi perché sono morti, vuoi perché, seppur vivi, non riescono da tempo a toccare le vette che l’oggetto delle celebrazioni ci ha regalato, per sempre andati. Malinconia, quindi, per quel che è stato e non sarà mai più. Non è il caso della celebrazione che vado a raccontarvi, credo e mi auguro.
Circa dieci anni fa è uscito, a inopinabile parere di chi scrive, uno dei dischi d’esordio italiani più interessanti degli anni Zero. Un disco importante, per quel che ci faceva sentire e per quel che prometteva (e in parte ha anche poi mantenuto).

Okumuki-LAuraParlo di Okumuki di L’Aura, cantautrice bresciana che, improvvisamente, in molti hanno inizialmente paragonato a Elisa. Su questo argomento ho già scritto in passato, causando l’orticaria ai fan dell’artista di Monfalcone, per cui eviterei di tornarci su (anche perché, suppongo, oggi i suddetti fan hanno motivi ben più seri per farsi venire l’orticaria, e non sono motivi che riguardano direttamente il sottoscritto). Di fatto L’Aura, nome evocativo ma che forse ha contribuito a confondere le acque, ha pubblicato, esattamente dieci anni fa, un vero gioiello. Se il modo con cui ha deciso di presentarsi al mondo era Radio Star, un bel brano power pop, molto radiofonico, appunto, ruffiano al punto giusto, cantato in inglese, lingua a lei molto congeniale, il resto dell’album presenta alcune canzoni che dimostrano come ancora giovanissima, aveva appena vent’anni all’epoca, L’Aura sapesse già maneggiare penna e spartito come pochi colleghi in Italia.

Qualche titolo? Una favola, tanto per cominciare, Lettere d’amore, Domani, e la strepitosa, sempre a parere inopinabile di chi scrive, Piove, un brano che non avrebbe stonato nella colonna sonora di Almost famous di Cameron Crowe. Poi, tanto per tornare all’amato inglese, Today, scelta a sua volta come singolo e accompagnata da uno struggente video janecampioniano. Una scrittura, quella di L’Aura, figlia del rock e del pop degli anni Sessanta e Settanta. Non tanto della musica italiana, quanto di quella anglosassone. Non è un caso che, identificata come giovane talento appena sedicenne, la nostra sia stata spedita, allora usava così, negli Usa per studiare, scrivere, crescere, incidere.

Questo album, di per sé fortunato, avrà poi la fortuna ulteriore di un volano mica da ridere come Irraggiungibile, ballata pianistica (L’Aura suona il piano, e col piano compone, prevalentemente) di alta classe, passata dalle assi dell’Ariston durante il Festival di SanremoOkumuki, quindi, ascoltato anche oggi, a dieci anni dalla sua uscita, risulta ancora un album pieno di idee, tante idee, non sempre di facilissima fruizione, ma comunque interessanti, originali, geniali. Mancano, magari, i passaggi mainstream che, invece, caratterizzavano spesso le uscite proprio di Elisa, tanto per ritornare sui paragoni infelici, ma la qualità della scrittura è altissima, e la voce, beh, la voce unica. A questo lavoro seguirà Demian, album difficile, oscuro, che però contiene almeno tre perle degne del suo predecessore. Su tutte Demian, sempre a parere etc etc, la migliore canzone scritta da L’Aura fin qui, nonché una delle più belle del nostro patrimonio cantautorale recente, ma anche È per te e Non è una favola le vanno dietro.

Da qui parte, ma non è di questo che voglio parlarvi oggi, una sorta di parabola autolesionista che ha portato la cantautrice, su ingiustificabile spinta della propria casa discografica, la Sony, verso una china di normalizzazione che ha avuto un altro passaggio sanremese con Basta!, non all’altezza dei suoi brani precedenti, e il suo picco più basso in Sei come me, Ep fortemente pausinizzato dalla presenza infelice di Dado Parisini alla produzione. Intendiamoci, sempre di pop d’alta classe si tratta, perché L’Aura è L’Aura, la sua voce è la sua voce, e il suo tocco sghembo e oscuro rimane tale anche mentre la spingevano a fare altro, ma la magia di Demian o di Piove, ahìlei, sembra davvero lontana anni luce.

Oggi, mentre lei stessa festeggia i dieci anni di Okumuki, la sappiamo al lavoro col marito, il tastierista e produttore Simone Bertolotti, a un nuovo album. Un concept album che si rifà agli anni Sessanta e Settanta, quelli da lei tanto amati in musica, lei stessa ha lasciato trapelare. Un lavoro fatto in proprio, come ormai è consuetudine nel mondo della musica leggera, e che non è dato sapere quando e come uscirà. Ascoltando con il piacere i brani di Okumuki, col piacere di chi rincontra un amico dopo un po’ di tempo e lo trova sempre in forma come in passato, mi viene da augurarmi ad alta voce che L’Aura torni presto. Torni a trovare una via espressiva tanto viva e potente, e torni a farci sentire la sua voce così rara e preziosa. Mai come in un momento oscuro come questo le sue canzoni potrebbero esserci d’aiuto.

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