Il Gestore dei servizi energetici (Gse) batte cassa e gli imprenditori fotovoltaici devono restituire otto anni di adeguamento all’inflazione. Ben 4mila proprietari di impianti solari, che hanno goduto dei sussidi del primo Conto Energia del 2006, stanno ricevendo dal Gse una raccomandata in cui si chiede la restituzione della rivalutazione Istat sul valore dell’incentivo. La storia parte da lontano ed è alquanto ingarbugliata. Viene spiegata nel dettaglio nella comunicazione inviata dal Gestore. A febbraio 2006 il governo ha varato un decreto che annullava l’adeguamento Istat per le tariffe incentivanti previste per gli impianti del primo Conto Energia dedicato esclusivamente al fotovoltaico. Gli imprenditori interessati si sono rivolti al Tar della Lombardia, che ha annullato le norme retroattive del decreto per tutti gli impianti che avevano fatto richiesta di incentivi entro il 14 febbraio 2006. Successivamente, nel 2012, il Consiglio di Stato ha invece invalidato gli effetti del ricorso: la misura impugnata non ha violato né il principio di irretroattività né il principio del legittimo affidamento (che impone la salvaguardia di situazioni di vantaggio consolidate per effetto di atti o comportamenti della pubblica amministrazione). La sentenza è stata confermata dalla sesta sezione del Consiglio di Stato nel 2013.

Di qui le raccomandate del Gse, che chiede indietro tutti i soldi erogati in più in questi otto anni. Facendo due calcoli, parliamo di cifre che partono da 600 euro per gli impianti con potenza minore. “La tariffa spettante – si legge nella raccomandata – è quella originariamente prevista (…) pari a 0,445 euro/kWh; per effetto dell’adeguamento Istat, non dovuto alla luce delle richiamate sentenze del Consiglio di Stato, ad oggi, la tariffa incentivante applicata risulta pari a 0,5091 euro/kWh”. Il procedimento – fa sapere il Gse – si chiuderà entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione. Le società potranno accordarsi per un “piano di rientro” o una “compensazione con modalità da definirsi con atto separato”.

Sempre più scoraggiati gli imprenditori del settore, che ancora si devono rialzare dopo la botta del “taglia-incentivi”, la controversa misura contenuta nel decreto Competitività che ha ridotto gli incentivi ai grandi produttori fotovoltaici per abbassare le bollette alle piccole e medie imprese. “Prima si fa una enorme pubblicità affinché i cittadini facciano degli impianti fotovoltaici e poi il tutto si conclude, in nome della crisi, con questa raccomandata”, commenta uno degli operatori che ha ricevuto la richiesta di rimborso.

Molti dei 4mila proprietari hanno quindi risposto al Gse, sottolineando l’illegittimità del provvedimento. Innanzitutto, perché il titolare dell’impianto si trova ora nella condizione di restituire le somme che non sono ancora completamente entrate nella disponibilità patrimoniale. Su cui, tra l’altro, ha pagato le imposte. E poi perché, secondo gli operatori, violerebbe il “legittimo affidamento”, con effetti nocivi per gli investimenti già programmati sulla base della normativa preesistente. “Legittimo affidamento” che si sarebbe consolidato visti i tempi eccessivamente lunghi tra la sentenza del Consiglio di Stato e la decisione del Gse di recuperare le somme circa tre anni dopo.

“Indipendentemente da chi ha ragione, le società hanno chiuso i bilanci in base a determinati ricavi sui quali hanno pagato le tasse, preso decisioni, chiesto finanziamenti e fatto investimenti. Il provvedimento crea quindi grossi problemi agli operatori del settore”, dice Paolo Lugiato, membro del consiglio direttivo di Assorinnovabili, a ilfattoquotidiano.it. Il Gse non ha invece voluto commentare.

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