Un pene robot che possa garantire una vita normale a tutti coloro che a causa di un carcinoma abbiano subito una penectomia ma anche alle persone che vogliano cambiare sesso. Nel giro di pochi anni il progetto ideato da tre allievi della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa potrebbe diventare realtà e entrare in commercio. Il “Robot-penis” è infatti uno degli otto progetti presentati a Pisa al termine del corso “High-tech business venturing”, iniziativa legata al percorso “Tuscan start-up academy” finanziato dalla Regione Toscana. L’idea della protesi robotica è stata lanciata da Sergio Tarantino, Alessandro Diodato e Andrea Cafarelli, ricercatori dell’Istituto di Biorobotica. Un’idea, spiegano in una scheda, nata “inizialmente quasi per gioco” e poi sviluppata grazie all’esperienza dell’istituto “nella realizzazione di sistemi robotici di altissimo impatto tecnologico”.

L’obiettivo del “Robot-penis” (al momento non è stato diffuso alcun rendering ufficiale) è quello di superare “le limitazioni che oggi caratterizzano gli interventi di sostituzione o di impianto del pene” al fine di rendere il funzionamento della protesi “il più vicino possibile rispetto a quello dell’organo naturale”. A rendere il progetto davvero innovativo, anche rispetto alle soluzioni attuali, è “la possibilità di controllare la protesi tramite il pensiero e gli stimoli nervosi, garantendo così alla persona che la ‘indossa’ il piacere sessuale“. Tutto ciò – spiegano ancora i ricercatori – grazie a un innovativo “sistema di sensorizzazione” e a materiali elastici “smart” e biocompatibili. L’erezione della protesi robotica potrà infatti avvenire in maniera naturale “quando si manifesta il desiderio sessuale”, al contrario invece di quanto avviene generalmente nei casi di ricostruzione chirurgica del pene: a seguito di una “falloplastica” infatti il paziente riesce a recuperare la percezione del piacere “soltanto in maniera limitata” e l’erezione può avvenire solamente “tramite controllo manuale“.

L’obiettivo è insomma quello di arrivare a “fornire una soluzione terapeutica alternativa rispetto alla tradizionale chirurgia plastica“: tutto ciò partendo dalle nuove scoperte in tema di protesi artificiali che stanno sempre più rendendo possibile “il recupero di funzionalità fisiologiche ormai perse”. I target del dispositivo robotico? Pazienti che hanno subito una penectomia ma anche “coloro che intraprendono un percorso di transizione di genere”. Adesso l’idea dovrà misurarsi con il mercato: “Il prossimo passo – precisano i progettisti – sarà la ricerca di finanziamenti, con l’auspicio di giungere nei prossimi 12 mesi a un prototipo funzionante della protesi robotica e nel giro di pochi anni arrivare così alla commercializzazione del dispositivo”.

Gli otto progetti sono stati sviluppati durante il corso di 40 ore (30 gli allievi partecipanti) coordinato dal docente Andrea Piccaluga: l’obiettivo è quello di mettere a punto idee per poi lanciare “imprese ad alta tecnologia”. Gli altri progetti? Dalle protesi altamente innovative per la mano al robot per l’estrazione del petrolio che si ispira ai processi delle piante, passando per forme hi-tech di architettura e pratiche mediche preventive all’avanguardia, fino a un dispositivo portatile che come un naso sia in grado di rilevare la contaminazione e il deterioramento dei cibi. C’è anche chi ha lanciato un sistema super tecnologico per il controllo degli arrivi degli aerei o chi ha sviluppato un esoscheletro indossabile per la riabilitazione degli arti inferiori delle persone disabili.

Articolo Precedente

Vaccini: chi ne ha paura?

next
Articolo Successivo

Ricerca scientifica: una storia di ordinaria odissea

next