Il governo cercava dialogo in Parlamento sulla riforma della scuola. È stato accontentato: sono quasi duemila gli emendamenti presentati al ddl n. 2994 in Commissione Cultura alla Camera. Un numero altissimo, per piccoli ritocchi (su cui sono possibili aperture) o grandi stravolgimenti (che non ci saranno, l’impianto del provvedimento resterà invariato). Confrontando le varie proposte di modifica depositate emergono subito alcuni temi su cui potrebbe concentrarsi il dibattito nelle prossime settimane: idonei, poteri dei presidi, docenti della seconda fascia delle graduatorie d’istituto esclusi dal piano assunzionale. Se ne discuterà, ma in fretta, perché la corsa contro il tempo continua: a questo punto l’approdo in aula del testo avverrà solo nella prima settimana di maggio.

In totale sono 1.800 gli emendamenti dei vari partiti alla riforma partorita dalla coppia Renzi-Giannini. Di questi, quasi la metà (circa 700) arrivano dal Movimento 5 Stelle. “Ma non stiamo facendo attività ostruzionistica, è il disegno di legge ad essere molto lungo e complesso”, spiega Silvia Chimienti, deputata pentastellata che sta seguendo il provvedimento. “Speriamo che il governo ci permetta di discuterli tutti senza contingentarli, tenendo fede alla promessa di voler coinvolgere il Parlamento“.

In realtà le prime indicazioni sembrano andare in senso opposto: il governo ha deciso di collegare il ddl al Def (il Documento di economia e finanza, che sarà votato giovedì a Montecitorio). E questo comporta che tutti gli emendamenti senza copertura verranno cassati in automatico dalla Commissione Bilancio. Aggiungendo quelli che verranno dichiarati non ammissibili, già nella giornata di oggi dovrebbe avvenire una prima, consistente scrematura che ridurrà notevolmente il numero delle proposte di modifica e velocizzerà l’iter.

Già all’indomani dell’arrivo in Parlamento, alcune fonti Pd avevano detto di non considerare il testo inemendabile. Così è stato, visto che diverse proposte di modifica (un centinaio circa) arrivano anche dal partito del premier Matteo Renzi. I capitoli del ddl su cui è più possibile un intervento sono quelli che trovano punti di contatto trasversale tra i vari partiti. Innanzitutto la questione spinosa degli idonei, che rischia di esporre tutta la riforma a pericolosi contenziosi legali. Ci sono emendamenti del Pd, di Forza Italia e anche del Movimento 5 Stelle – che ha cambiato idea dopo essere stato contrario in un primo momento – che spingono per la loro inclusione nei 100mila assunti. L’accordo è possibile, il principale ostacolo sono proprio le parole con cui Renzi aveva spiegato con grande fermezza le ragioni della loro esclusione: difficile che il premier accetti di fare marcia indietro dopo essersi esposto così tanto.

Da Forza Italia arrivano due proposte in favore dei precari abilitati rimasti fuori dalle assunzioni: l’eliminazione della soglia massima di 36 mesi di servizio da supplenti (“è inconstituzionale, non è così che ci si adegua alla sentenza della Corte europea“); è una quota di posti riservati per i Tfa nel prossimo concorso. Posizione parzialmente condivisa anche da Pd e M5S, da conciliare però con le rivendicazioni degli altri abilitati Pas. Abbastanza diffusa anche la volontà di limitare il potere dei dirigenti scolastici, che nell’ultima bozza del testo pare troppo esteso in tema di valutazione ed assunzioni dei docenti. “Quest’impostazione non ci piace – aggiunge Chimienti del M5S – ma se proprio dev’essere, almeno si trovino dei contrappesi”.

Una soluzione potrebbe essere agganciare la decisione dei presidi al parere di organi collegiali interni, e a paletti normativi nazionali. L’opposizione, infine, punta anche a scorporare alcune deleghe dal testo. “Tutta l’ultima parte del provvedimento è un enorme assegno in bianco al governo su materie troppo delicate”, spiega Elena Centemero, responsabile scuola di Forza Italia. Che conclude: “In ogni caso resta ferma la nostra proposta di un decreto per le assunzioni. Siamo al 20 aprile e per arrivare in Aula ci vorranno almeno due settimane. La macchina organizzativa del Ministero dovrebbe già essere in moto“.

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