L’autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone ha aperto un’istruttoria sulla Pedemontana Veneta. Due le perplessità principali sollevate dal magistrato nella lettera inviata, come riporta il Mattino di Padova, al nuovo capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture Paolo Emilio Signorini. Per prima cosa vuole capire per quale motivo i costi dell’opera, che dovrebbe collegare il Vicentino a Spresiano, in provincia di Treviso, passando per il distretto industriale di Thiene Schio, per Bassano del Grappa e a nord di Treviso, siano lievitati di oltre 450 milioni, cambiando il piano economico finanziario della concessione firmata nel 2009. Il secondo rilievo riguarda l’architettura finanziaria che sta dietro la costruzione della superstrada: come è possibile, chiede Cantone, parlare di project financing e non di semplice appalto, visto che i rischi che pesano più sul pubblico che sul privato e il concessionario non ha ottenuto la garanzia bancaria di copertura dei costi che gli spettano?

La missiva, oltre che al successore di Ercole Incalza al ministero di Porta Pia, è indirizzata a Silvano Vernizzi, commissario per l’emergenza mobilità delle province di Vicenza e Treviso, e al vicentino Enrico Cappelletti, senatore M5S e primo firmatario dell’esposto presentato all’Anac lo scorso febbraio, in seguito al quale la procedura è stata attivata. Signorini e Vernizzi ora hanno 180 giorni per rispondere alle osservazioni dell’Anac e 30 per chiedere un eventuale colloquio diretto con il responsabile del procedimento.

L’Anac vuole dettagli sulla “corretta allocazione dei rischi tra pubblico e privato a seguito delle modifiche alla convenzione e al piano economico finanziario al fine di poter continuare a configurare l’operazione come project financing in luogo di appalto; l’attivazione delle risorse private attraverso il capitale di rischio ovvero mediante accensione di mutuo bancario; il rispetto del cronoprogramma; lo stato di avanzamento della progettazione, dei lavori e la modalità di esecuzione degli stessi; i costi e le modalità di espletamento dell’alta sorveglianza e della direzione lavori“. Il tutto per un’opera partita con oltre un anno di ritardo e il cui completamento, previsto all’inizio per il 2016, è slittato al 2018.

Ad aggiudicarsi la concessione per realizzare la superstrada a pagamento è stata, nel 2009, l’associazione di impresa costituita dalla società consortile palermitana Sis e dalla spagnola Itinere Infraestructuras. Costo previsto, 2,25 miliardi di euro, di cui 644 milioni a carico delle casse pubbliche. Ma già la Corte dei Conti in febbraio aveva aperto un’istruttoria per chiarire come mai il costo di realizzazione fosse salito in modo incontrollato rispetto a quello previsto dalla delibera Cipe del dicembre 2001, che risultava pari a 1,9 miliardi di euro. I magistrati contabili, come riportato dal Corriere del Veneto, avevano disposto una verifica sull’intero sistema che ruota intorno alla realizzazione dell’opera: dalle consulenze alle scelte di progettazione, dai controlli antimafia fino alla nomina dello stesso Vernizzi, nei confronti del quale si ipotizza un presunto conflitto di interessi. “Suscita perplessità – scriveva la Corte – il fatto che le consulenze siano affidate “intuitu personae”, senza alcuna forma di concorrenza e che vengano reiterate annualmente”. Inoltre, c’è l’ipotesi che “molte perizie suppletive e di variante in fase esecutiva, con conseguente aumento dei costi, si sarebbero potute evitare con una più rigorosa attività progettuale e una più efficace analisi economico-finanziaria dell’investimento fin dalle fasi iniziali”.

 

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