Niente da fare. Shinzo Abe e la potente lobby industriale che lo sostiene dovranno farsene una ragione: per ora il nucleare non riparte.  Con una sentenza che ha colto di sorpresa perfino i ricorrenti – un gruppo di cittadini locali che aveva impugnato il “nulla osta” della commissione nazionale di sicurezza nucleare  – il Tribunale distrettuale di Fukui ha sospeso “sine die” la riapertura della centrale di Takahama, tra le prime ad aver superato tutti i controlli e ad avere avuto il nulla osta del governo per il riavvio dei reattori.  “Le garanzie previste in caso di incidente non sono sufficienti – si legge nella sentenza – le previsioni della società operante non sono, rispetto ai recenti avvenimenti, credibili”.  Una sentenza coraggiosa e, probabilmente, storica: tant’è che ha provocato la stizzita reazione a caldo del direttore della NRA, la  nuova autorità “indipendente” per la sicurezza nucleare. “Questi giudici non hanno capito nulla…” ha commentato, in perfetto stile italiano, Shunichi Tanaka, che fino a qualche giorno fa annunciava trionfale – e alla faccia della pretesa indipendenza istituzionale – l’imminente riapertura delle prime centrali nucleari:  “Come promesso dal governo”.

In genere siamo abituati a lamentarci quando i politici non mantengono le loro promesse. Ma tra le tante a suo tempo annunciate e non mantenute  dal premier giapponese Shinzo Abe – aldilà della “bolla” finanziaria che ha di nuovo avvolto la Borsa di Tokyo e che nulla di buono fa presagire per  l’immediato futuro – c’è ne una per la quale il popolo giapponese ed il mondo intero non può che rallegrarsi. La mancata riapertura delle centrali nucleari.

E’ da quando l’ex premier Naoto Kan, prima di essere costretto a dimettersi nell’agosto 2011, aveva ordinato la chiusura temporanea di tutte le centrali per sottoporle a controlli minuziosi sulla sicurezza che il Giappone sta facendo a meno dell’energia nucleare. Pagandone un prezzo molto alto. L’energia nucleare,  prima dell’incidente di Fukushima. colmava circa il 25% del fabbisogno elettrico e il piano energetico nazionale prevedeva, entro il 2050, di raddoppiarlo. La chiusura delle centrali ha provocato un’impennata della bolletta petrolifera (il Giappone importa oltre l’85% del fabbisogno energetico) e – non mancano  di sottolineare i farisei del cosiddetto “villaggio nucleare” – l’aumento delle emissioni di idrocarburi, arrestando il virtuoso cammino che il Giappone aveva avviato per la riduzione dei gas serra.

Tutto vero, per carità, come è vero – anche se profondamente ingiusto –  che i poveri cittadini giapponesi si ritrovano bollette triplicate, visto che il governo tra cittadini e azionisti della Tepco ha deciso di aiutare questi ultimi, destinando enormi risorse finanziarie prima per “salvare”, ora semplicemente per gestire le compagnie elettriche, anziché prevedere una sorta di sussidio per calmierare i prezzi dell’energia al contatore. Una vera e propria manovra politica, cinica e arrogante. Chi vive in Giappone sa benissimo quanto sia radicata, a tutti i livelli sociali,  l“allergia” al nucleare. E chi conosce un minimo la storia sa benissimo come questa sacrosanta allergia sia stata curata prima con una imponente campagna mediatica che puntava sulla rinnovabilità e sicurezza dell’opzione nucleare, poi – dopo la catastrofe di Fukushima – sul fatto che comunque bisognava limitare i danni economici e dunque ripartire con il nucleare, il cui costo – e qui sta la reiterata menzogna che pochi oramai sono disposti ad accettare – è comunque di gran lunga inferiore a qualsiasi altro tipo di energia. Teoria oramai smentita dai fatti, dalla catastrofe di Fukushima e dai sui costi, per ora solamente stimati, in termini di gestione dell’emergenza, decommissionamento e risarcimento danni. E parliamo dei costi economici e finanziari, senza affrontrare quelli, se possibile ancor più gravi nel contesto giapponese, sociali.

Certo, resta il fatto che una soluzione si dovrà pur trovare: non è che i cittadini giapponesi, che fino a qualche anno godevano di tariffe elettriche tra le più basse del mondo industrializzato (al punto che la maggior parte del riscaldamento domestico è affidato ai termoconvertitori elettrici) possono continuare a sopportare bollette sempre più care. Ma ancora una volta, il Giappone farà bene a guardare all’esempio della Germania, altro paese che dopo Fukushima ha deciso, “conti” alla mano, di abbandonare il nucleare progressivamente. Un paese come il Giappone, con le risorse economiche, finanziarie e tecnologiche che ha, non deve far altro che recuperare in fretta il colpevole ritardo accumulato negli anni passati (per favorire il nucleare)  nei confronti della ricerca e produzione di energie alternative (specie quella solare): nel giro di pochi anni sarà senz’altro in gradio di raggiungere e superare i suoi diretti concorrenti (tra i quali l’Italia). Regalando un po’ di tranquillità e serenità, oltre che al suo popolo, al resto del mondo. Perchè diciamo la verità, con Fukushima, aldilà dell’elemento “naturale”, il Giappone non è che abbia dato una grande immagine di sé.

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