Ancora un crollo in una scuola. Ormai non si contano più. Nel mese di febbraio, secondo i dati di “Cittadinanzattiva” erano già cinquanta. Ma non fanno notizia. Se ne parla solo se c’è qualche ferito, se c’è il sangue. Altrimenti diventa consuetudine. In Italia, ormai, ci abituiamo a tutto: al crollo dei soffitti, delle finestre, dei pavimenti nelle aule; al cedimento delle strade. Siamo assuefatti a tutto. Nessuno che protesti. L’indignazione dura il tempo di un orgasmo.

Quanto è accaduto a Ostuni, dove il distacco dell’intonaco nella scuola primaria “Pessina” ha provocato tre feriti, tra cui due bambini, richiama ciascuno di noi a delle responsabilità: in primis quella di chiedere le dimissioni o il licenziamento di chi ha firmato una carta senza fare le verifiche opportune o di chi non ha fatto il suo dovere.

La magistratura farà la sua parte ma la politica ha il dovere di fronte a dei genitori che hanno visto i loro figli a rischio di dare una sola risposta: non lo scaricabarile della responsabilità ma la verità.

A gennaio 2015 la scuola di Ostuni, dopo essere stata chiusa per quattro anni, è stata inaugurata in pompa magna. Per il taglio del nastro immagino che siano stati fatti i collaudi e le verifiche di rito. Voglio pensare che quella scuola avesse i certificati di agibilità statica o quelli necessari alla riapertura delle classi.

Per il diritto alla verità, oggi, chi governa quella città, dovrebbe presentare pubblicamente ai genitori e alla comunità tutta la documentazione in possesso. Compiere doverosamente un primo passo politico: assumersi la responsabilità di puntare il dito contro qualcuno perché un responsabile c’è, per forza. Se a casa nostra crolla un controsoffitto chiamiamo immediatamente chi ha eseguito i lavori e chi li ha seguiti dal punto di vista progettuale. Quando abbiamo a che fare con il pubblico, invece, inizia il balzello della responsabilità fino a quando i fatti non fanno più notizia.

In Italia secondo il rapporto di “Cittadinanzattiva” sulla sicurezza, la qualità e l’accessibilità a scuola solo il 33% degli istituti ha la certificazione di agibilità statica; il 31% non ce l’ha mentre il 36% dei responsabili della sicurezza delle scuole omette la risposta. Così solo il 23% ha la certificazione di prevenzione incendi, mentre il 56% non la possiede e il 22% non sa se c’è nei cassetti.

Una colpevole omertà che non possiamo assolutamente giustificare. Non basterà il 22 aprile presentare, come annunciato dal sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, la fotografia della situazione italiana rispetto a questo tema. Ogni genitore da domani ha un compito: andare alla ricerca della verità prima che accada ciò che è successo a Ostuni. Ognuno dovrebbe recarsi al suo comune o a scuola per chiedere al sindaco o al dirigente i certificati della scuola che frequentano i propri figli.

Articolo Precedente

Scuola, “servizi sociali” per i bulli: preside impone volontariato in casa di riposo

next
Articolo Successivo

Università, altro che rottamazione. L’abilitazione è una vera e propria beffa

next