L’iter per l’approvazione della legge elettorale entra, in queste ore, nella sua fase forse più difficile: il passaggio alla Commissione Affari costituzionali, dove l’Italicum rischia di cadere per i vista la forte presenza di “dissidenti” Pd. Bersani ha dichiarato, di recente, di non essere convinto che Renzi «abbia i numeri per approvare l’Italicum. A partire dalla commissione Affari. Ne dovrà sostituire tanti di noi per arrivare al traguardo. E se continuerà a fare delle forzature, io stesso chiederò di essere sostituito». Cosa può accadere? Sono tre gli “scenari” che si potranno aprire, e che consentirebbero a Renzi di riuscire comunque a garantire il passaggio della legge all’Aula:

(1) laddove la Commissione non riuscisse a raggiungere una maggioranza nella votazione, Renzi potrebbe imporre, in nome della necessità di evitare che i lavori parlamentari siano “bloccati” dalle Commissioni, la votazione della legge direttamente in Aula. Si tratta di una pratica che è già stata utilizzata in passato, ma sempre e soltanto con riferimento a singoli articoli, e mai per il testo complessivo di una legge;

(2) Renzi potrebbe anche decidere di imporre le dimissioni ai “dissidenti”, in nome della disciplina di partito. Dal momento che sono i gruppi parlamentari a provvedere alle nomine dei componenti delle Commissioni permanenti, Renzi potrebbe – senza incorrere in nessuna violazione del Regolamento della Camera – sostituire interamente i componenti con altri. Certo, anche in questo caso, si tratterebbe di una decisione senza precedenti, in quanto non si avrebbe la semplice sostituzione di un singolo componente, ma della maggioranza di essi, tra cui figurano alcuni degli esponenti principali del Partito (Bersani e Bindi, in particolare);

(3) La terza ipotesi è il ricorso all’art. 19 del Regolamento della Camera, il quale prevede che un deputato che non possa intervenire ad una seduta della propria Commissione può essere sostituito per l’intero corso della seduta da un collega del suo stesso Gruppo appartenente ad altra Commissione ovvero facente parte del Governo in carica. In questo caso, Renzi potrebbe imporre la sostituzione di alcuni componenti unicamente per la seduta relativa all’Italicum, mitigando così l’ipotesi di cui al numero precedente.

Ciò che, in ogni caso, stupisce, è la mancanza di scrupoli con la quale il Capo del Governo sta portando avanti il suo progetto politico. Siamo certi che sarà disposto a “forzare” il Regolamento della Camera pur di vedere l’Italicum portato in aula. E, come se non bastasse, a quel punto imporrà anche il voto di fiducia, per evitare i franchi tiratori ed i timidi tentativi di reazione da parte dell’opposizione Pd. Altra “forzatura”, che ricorda il voto della legge-truffa del 1953.

Restano, infine, i problemi relativi al merito della riforma, oltre che all’iter parlamentare. Essa, come si è detto da più parti, continua a presentare gli stessi profili di incostituzionalità già presenti nel Porcellum ed accertati dalla Corte Costituzionale. Ma, anche di questo, Renzi appare del tutto disinteressato. Resterà dunque, alla fine, un’unica possibilità: l’opposizione del Presidente della Repubblica, che potrà rifiutarsi di firmare la legge e rinviarla alle Camere. Motivi ve ne saranno a sufficienza: dal premio di maggioranza al ricorso alla fiducia, l’Italicum sarà approvato tra vizi di sostanza e vizi di forma su cui non potrà passarsi sopra. Mattarella è, del resto, l’uomo giusto, se non altro perché è stato tra i giudici che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge elettorale. Spetterà soltanto a lui fermare l’arroganza ed il disprezzo del Premier per le istituzioni democratiche del Paese. Lo farà?

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