Marzo è un mese importante per prendere le misure alla stagione televisiva perché la platea non è ancora distratta dalla dilatazione dell’”effetto giorno” indotta dall’arrivo dell’ora legale, e perché siamo nel pieno di un “periodo di garanzia”, ovvero in uno dei segmenti dell’anno che gli investitori pubblicitari adottano per pesare il “valore” dei canali televisivi, ovvero quanti ascoltatori, e di che tipo sono attratti in genere dall’uno o dall’altro. Così, a seconda degli share del trimestre primaverile (in quello autunnale si farà il bis) verranno fissate le nuove tariffe della pubblicità su Rai 1, Canale 5 e il resto della compagnia generalista. Quando gli ascolti effettivi risultano inferiori a quelli “garantiti” le tv tendono a sdebitarsi non restituendo i soldi, ma compensando con spot omaggio (ecco il vantaggio di avere molti canali: se gli ascolti vanno male ci piazzi gli spot che indennizzano gli investitori, e i soldi restano in cassa).

Nel marzo appena concluso la classifica dei canali non è cambiata granché: Rai 1 perde un po’, ma Rai 2 cresce, a casa Mediaset si resta stabili, La7 scivola un po’. Ma al di là di queste vicende quel che viene da osservare è che, dati alla mano, un qualsiasi investitore pubblicitario avrà voglia di continuare innanzitutto a investire sulla tv generalista che nell’insieme, rispetto al marzo del 2014, ha arrestato la discesa e si attesta attorno al 64% del pubblico, guardando all’intera giornata.

Si potrebbe sospettare che siano i soliti, le casalinghe e i pensionati, che insistono a vedersi i talk show in salsa diurna e che questa fedeltà alla vecchia tv non riguarda gli altri componenti della famiglia (studenti, maschi con la testa nel pallone eccetera). Però, se si guarda alla serata, dalle 18, quando i guerrieri cominciano a tornare a casa, fino alle 24, quando anche i più valorosi cadono colpiti dal sonno, il panorama sostanzialmente non cambia, anzi le sette sorelle generaliste si arrampicano di un altro punto e raggiungono il 65%.

Questo fenomeno può meravigliare (e deludere) solo quelli che stanno a naso insù nella continua attesa di rivoluzioni delle psicologie e dei comportamenti sociali. Che sono invece cose che cambiano lentamente oppure si limitano a cambiare d’abito. E comunque, per stare al campo dei mass media, è abbastanza ovvio che i nuovi trastulli non cancellino quelli antichi e che semmai accentuino alcuni comportamenti già preesistenti. I giovani, ad esempio, di tv casalinga ne hanno sempre vista pochissima, preferendo l’esperienza della relazionalità di gruppo o di branco. Ed è per questo che sono immediatamente diventati consumatori seriali dei social network e degli scambi di video con cui teenager e adolescenti perpetuano il traffico delle figurine.

In conclusione, se i dati di marzo verranno confermati dai mesi successivi, potremo dire che molto sta cambiando, ma anche restando uguale. E che, tanto per tornare alla politica, un punto cardine della riforma Rai e degli annessi riflessi sull’intero sistema televisivo continuerà a riguardare le questioni della pubblicità televisiva sulle reti generaliste, ovvero la famosa faccenda del duopolio biscia-quadrupede, ovvero il Biscione e il Cavallo, strutturalmente connessi nel duopolio. Quello non ha affatto il destino segnato dall’incalzare di Apple, Google e compagnia innovante. Peccato, perché è una questione spinosa e farebbe comodo, immaginiamo, non prenderla di petto, sperando che si risolva da sé. Ma ormai è chiaro che questa croce alla politica nuova non gliela leva nessuno. O l’elimina o ci sale, a far compagnia ai tanti politici vecchi da tempo inchiodati.

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