Centodieci miliardi di euro all’anno. Ecco quanto vale il giro d’affari prodotto dalle organizzazioni criminali europee. Una cifra – che da sola – rappresenta in media circa l’1% del PIL dei paesi Ue (ma in quelli dell’Est Europa la percentuale è maggiore).

E’ quanto rivela il rapporto finale del progetto OCP (Organised Crime Portfolio, leggi), coordinato dal centro di ricerca Transcrime (leggi) dell’Università Cattolica di Milano, assieme a un consorzio di partner internazionali di sette paesi europei (Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Olanda, Spagna e Regno Unito).

Lo studio è una radiografia precisa sulle infiltrazioni delle mafie e della malavita organizzata, che reinvestono soldi sporchi nell’economia legale nei sette stati Ue presi in esame. Soldi che nella maggior parte dei casi provengono dal mercato della droga, che vale 28 miliardi di euro l’anno e continua a essere il settore più redditizio, anche se aumentano i proventi che arrivano da frodi e furti organizzati.

Tra i territori più inquinati dalla malavita c’è il sud Italia. Mentre risalendo lo Stivale troviamo la Lombardia: terra prediletta dai boss che la utilizzano come vera e propria “lavanderia” del crimine. Oltrepassando i confini italiani, tra le regioni in cui vengono reinvestiti più soldi sporchi emergono quella della Provenza-Alpi-Costa Azzurra in Francia, l’Andalusia in Spagna, le aree di confine (come quello franco-tedesco) o con importanti porti e le aeroporti (Rotterdam), oltre alle principali aree urbane delle capitali europee (come Madrid, Parigi, Londra, Berlino).

Ma dove finiscono questi guadagni? Le organizzazioni criminali prediligono reinvestire in beni di lusso come auto, barche, gioielli, ma anche in immobili e aziende. Oltre che in settori “tradizionali” come bar e ristoranti, l’edilizia, il commercio all’ingrosso e al dettaglio (in particolare di prodotti alimentari e di abbigliamento), nei trasporti, nelle attività immobiliari e nel settore alberghiero. Anche se accrescono gli interessi verso settori come il money transfer, i casino, VLT e slot-machine, lo smaltimento rifiuti, le energie rinnovabili e la distribuzione gas/carburanti.

Tra i gruppi criminali più attivi, oltre alle mafie italiane (‘ndrangheta e camorra in testa), troviamo le organizzazioni cinesi, russe, georgiane, turche e altre di natura multietnica che investono soprattutto nel traffico di droga (ad esempio nei Paesi Bassi o nel Regno Unito). Mentre nel nord Europa prendono sempre più piede le gang di motociclisti: un fenomeno molto radicato negli Stati Uniti. Ma “nonostante l’ampio spettro di investimenti della criminalità organizzata – dicono gli analisti – le confische delle autorità europee si limitano soprattutto a contante, conti bancari e veicoli. E solo “in misura minore gli immobili”, mentre è quasi totalmente assente “la confisca di aziende, ad eccezione dell’Italia che si conferma di gran lunga come il paese europeo più avanzato in termini di indagini patrimoniali e confisca dei beni criminali”.

Proprio se si focalizza la lente sull’Italia, emerge che il giro d’affari criminale nel nostro Paese si aggira attorno ai 16 miliardi di euro all’anno. Una stima che prende in considerazione le principale attività illegali gestite dalla malavita: traffico e spaccio di eroina, cocaina, cannabis, anfetamine, ecstasy, traffico illecito di tabacco, contraffazione, frodi IVA, furti da trasporto. La cifra poi sale a 29,5 miliardi di euro se si considerano anche le estorsioni, l’usura, lo sfruttamento della prostituzione, il traffico d’armi e il gioco d’azzardo. I settori prediletti per reinvestire sono l’eolico, la distribuzione dei carburanti, il settore dei trasporti della logistica, della grande distribuzione, e delle slot-machine.

A tirare le fila, oltre alle nostre organizzazioni storiche, troviamo la criminalità organizzata cinese che in Italia appare la più attiva dal punto di vista imprenditoriale, grazie a investimenti nel commercio all’ingrosso e al dettaglio (soprattutto abbigliamento), la ristorazione, i servizi personali e il money transfer. Ma il mercato italiano è territorio di conquista anche per i gruppi russi-georgiani e dell’Europa dell’est, interessati ai trasporti, all’import-export, alla ristorazione e agli alberghi.

Alla realizzazione del progetto OCP hanno partecipato istituzioni di ricerca (oltre a Transcrime, anche le università di Madrid, Utrecht e Durham), forze di polizia (Guardia di Finanza in Italia e Police College of Finland) e agenzie di confisca (Criminal Asset Bureau in Irlanda e AGRASC in Francia). I risultati dell’analisi saranno integrati da un altro progetto europeo coordinato da Transcrime: ARIEL, che terminerà nel maggio 2015. “L’obiettivo è quello di allargare lo studio a tutti i 28 paesi europei e passare da una fotografia delle operazioni concluse a delle mappe di rischio utili a scopo preventivo – si legge in un comunicato dell’Università Cattolica di Milano – Questo è il fine della proposta di progetto MORE, appena presentata da Università Cattolica, che, tra gli altri, coinvolgerà anche Europol, Ministero dell’Interno italiano e Bundeskriminalamt tedesca. Se approvato, il nuovo progetto partirà nel 2016″.

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