Tra le regioni del nord è quella su cui si sa meno. Sulla presenza della criminalità organizzata in Veneto, ed in particolare della ‘ndrangheta – di cui in altre regioni si sono rivelate ramificazioni e presenze anche nel dettaglio – si sa ancora molto poco. Poche le inchieste, un solo procedimento – dopo il processo alla banda Maniero – concluso con condanna per il reato di associazione mafiosa, il 416 bis. Nell’ultimo rapporto della direzione nazionale antimafia l’analisi lascia spazio a preoccupanti riflessioni: «La sempre più significativa operatività in Veneto, di gruppi criminosi originari del sud Italia tende a diventare sempre più stabile». In alcune aree del Veneto, in effetti, questa «stabilizzazione» si percepisce, e non da oggi. In questo quadro, la visita della Commissione antimafia nella regione oggi e domani.

Veneto orientale. Nelle cittadine della linea di costa del Veneto orientale – un nastro di cementificazione continua dedicato alle vacanze balneari – gruppi di camorra – presenti in particolare nella zona di Eraclea dove avrebbero interessi anche nella società di calcio locale – hanno fatto affari d’oro, anche con l’edilizia. Ha sollevato clamore la recente denuncia fatta da due consiglieri comunali di Caorle, di pesanti minacce nei loro confronti e nei confronti del sindaco per la messa in discussione di una importante operazione urbanistica, il villaggio delle Terme, che dovrà sorgere a ridosso del centro storico della cittadina. Il prefetto di Venezia, Domenico Cuttaia, nel febbraio del 2012, dopo l’ennesimo rogo di un’attività commerciale, ha dichiarato: «Ci sono segnali recenti che sembrano evidenziare tentativi di penetrazione della criminalità organizzata nel tessuto socioeconomico del territorio veneziano».

Il Tronchetto. L’isola della laguna è l’attracco giornaliero per migliaia di turisti in visita a Venezia. Il controllo del flusso di turisti – indirizzati verso una rete di negozi e alberghi compiacenti – è stata l’attività quasi monopolistica delle propaggini mestrine della banda Maniero. Vito Galatolo, importante esponente di Cosa nostra, arrestato l’anno scorso a Mestre, è risultato dipendente di una ditta operante al Tronchetto, il che farebbe supporre una nuova saldatura tra malavita locale e criminalità organizzata. Le puntuali denunce sulla situazione del Tronchetto sono valse a Gianfranco Bettin, sociologo e scrittore e a lungo amministratore a Venezia, pesanti minacce.

Abano Terme. Qui negli anni ’90 hanno trascorso parte della loro latitanza criminali di rango come i fratelli Graviano. E già nella relazione del 1994 la Commissione parlamentare antimafia denunciava il vorticoso turn over nella proprietà degli alberghi. Ora la crisi nel comparto termale morde come non mai e Alessandro Naccarato, deputato padovano del Pd, e membro della commissione antimafia segnala «inquietanti esempi di passaggi di proprietà schermati da intrecci di società lussemburghesi».

Padova. Il 30 gennaio di quest’anno la magistratura antimafia veneziana ha disposto il sequestro di beni per 130 milioni (tra cui 350 unità immobiliari e una torre direzionale in zona industriale) gestiti da Francesco Manzo, pregiudicato e sospettato di relazioni con gruppi camorristici. Questo sequestro potrebbe rappresentare la spia di un nuovo interesse della magistratura sugli ingenti patrimoni in circolazione in queste zone.

Verona-Vicenza. Come ha ripetutamente denunciato la Dia nei suoi rapporti in alcuni paesi della fascia della bassa e dell’ovest veronese e del basso vicentino si segnalano «la presenza di ditte, in particolare nel settore dell’edilizia, riconducibili ad aggregati criminali di Cutro, Delianova, Filadelfia, e Africo Nuovo». I sei presunti ndranghestiti arrestati in Veneto grazie alla recente inchiesta della procura bolognese risiedevano tutti in questa fascia territoriale. In questi paesi la presenza di famiglie ‘ndranghetiste è alla seconda generazione: dopo essersi arricchiti nel traffico di stupefacenti, i rampolli hanno investito gli utili in particolare nell’edilizia e nel settore dei trasporti.

Verona. La città scaligera e la sua provincia risulta interessata dall’attività di numerose famiglie di ‘ndrangheta: dalla cosca Pesce ai Grandi Aracri, dagli Arena di Isola Capo Rizzuto agli Alvaro di Sinopoli. Una delle principali impresa edili veronesi, la Soveco, titolare di diversi appalti di opere pubbliche, sarebbe in realtà – secondo un esposto presentato dall’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente Veneto – amministrata da un pregiudicato calabrese. La recente inchiesta della procura bolognese sulla famiglia Grande Aracri ha rilevato i forti interessi della cosca negli affari urbanistici veronesi che hanno portato un loro esponente ad incontrare, almeno in due occasioni, il sindaco Flavio Tosi e il vicesindaco Vito Giacino (poi arrestato e condannato in primo grado per concussione).

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