Dice di fare “l’ufficio di collocamento“. D’altra parte, a stare dentro questo sistema che lui definisce senza regole, ci guadagna: “I soldi che ho guadagnato a stare in questo Paese di merda deregolarizzato… non li avrei mai guadagnati in Inghilterra o in America”. A parlare è Giulio Burchi: è tra i 51 indagati dell’inchiesta sulle grandi opere che ha portato all’arresto di Incalza e gli altri. E’ tra l’altro l’ex presidente di Italferr ed ex presidente della Metropolitana Milanese e attuale amministratore delegato della A4 Holding. Parla molto al telefono e quindi è molto intercettato. Il gip, nell’ordinanza con cui ha disposto le misure cautelari, lo definisce “attendibile”. Non è uno che millanta al telefono, insomma, secondo i magistrati. I pm, nella richiesta d’arresto per Incalza, lo definiscono “soggetto molto vicino al senatore Ugo Sposetti“. Sposetti è il senatore del Pd, ex amministratore dei Ds e difensore valoroso del finanziamento pubblico ai partiti. Per Sposetti, scrivono i pm, Burchi “si attiva in più occasioni” per trovare lavori a persone “indicate” dallo stesso Sposetti. Così, quando Burchi e Sposetti si sentono al telefono nel febbraio 2014, il manager scandisce: “Non faccio altro che fare l’ufficio di collocamento”.

“I soldi che ho guadagnato a stare in questo Paese di merda deregolarizzato… non li avrei mai guadagnati in Inghilterra o in America”

E “l’ufficio di collocamento”, Burchi lo fa secondo gli inquirenti su richiesta del viceministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini, segretario nazionale del Psi. Sempre secondo le carte Burchi e Nencini “comunicano” attraverso un ex parlamentare, Mauro Del Bue, che ha fatto anche il sottosegretario alle Infrastrutture con Berlusconi ai tempi di Lunardi e soprattutto è un altro socialista. Come Incalza, come Nencini, come il sottosegretario (sempre alle Infrastrutture) Umberto Del Basso De Caro. Burchi chiede a Del Bue di combinare un appuntamento con Nencini: “Tu potresti dargli qualche contributo di questo tipo anche a Nencini – risponde Del Bue – Ci sono delle nomine da fare in giro, ci interessa sistemare due o tre persone in qualche ente”. Ma secondo i pm Burchi è in movimento perpetuo. Ha chiesto a più persone, compreso il viceministro Nencini, un intervento per una nomina all’interno di Terna. Nencini, anche oggi come nei giorni scorsi, smentisce tutto.

Anche Burchi, come altri protagonisti di questa storia, viene definito dai magistrati “spregiudicato”. Come Perotti e Cavallo, due degli arrestati, che hanno la faccia di presentarsi alla messa di Papa Francesco nella quale il pontefice pronuncerà la sua omelia contro la corruzione. Come Incalza, che “pur essendo da almeno un decennio in pensione rimane tutt’ora al vertice del Ministero con la stessa capacità decisionale, seppure sotto il singolare inquadramento di consulente del ministro” e che “continua a frequentare il ministero e ad esercitare la propria influenza”, nonostante abbia cessato il suo incarico.

E Burchi, secondo i magistrati, in questo ambiente si trova a suo agio, pilotando anche alcune  “nomine”: “Mandami qualche curriculum – afferma, intercettato – No, lì c’è il problema che… allora (…) Io di rinnovamenti, di rinnovi non ce ne ho perché ne ho appena fatti un’ira di Dio e poi lì sopra cioè sulle cose appena appena decenti. C’è l’artiglione pesante dell’avvocato Guzzetti che da vecchio e buon democristiano… Come ci sono le nomine vuole tutti gli elenchi… Il presidente di Cariplo… Il mio padrone il mio azionista… (Inc.) che poi è anche, insomma quello che ha indicato me, quindi quando ci sono delle nomine, arriva la lista da Banca Intesa che le fa lui su dei post-it gialli.. hai capito?”. Quello dell’artiglione pesante è Giuseppe Guzzetti, ex presidente della Regione Lombardia e attuale presidente di Cariplo.

Burchi non perde occasione di stigmatizzare il rapporto tra Incalza e Perotti, ma – rileva la Procura – “è un soggetto perfettamente inserito nel sistema di illiceità emergente dalla presente attività di indagini”. Così quando i giornali parlano delle inchieste su Expo e sul subcommissario Antonio Acerbo, sugli scambi di favori e un sistema privo di regole, lui ammette: “I soldi che ho guadagnato a stare in questo Paese di merda deregolarizzato… non li avrei mai guadagnati in Inghilterra o in America”.

I manager che diventano “uffici di collocamento”, le società che diventano “stipendifici“. E’ il caso, per esempio, della Dilan.Fi e della sua componente che fa capo alla Spm Consulting, la società di Stefano Perotti impegnata nei lavori del “nodo Tav” di Firenze. Si tratta, scrivono gli inquirenti, di una società con “logiche estranee al corretto svolgimento dell’attività imprenditoriale”. “Le espressioni ‘stipendificio’, ‘marchetta’, ‘soldi regalati’ sono utilizzate proprio da persone riconducibili” all’azienda di Perotti.

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