famigliagayIl dibattito sulle unioni civili e sui diritti affettivi delle persone LGBT è pienamente entrato nel vivo attraverso atti di tipo politico e attraverso dichiarazioni di questo o quel rappresentante del jet set italiano, a cui si chiede di proferire parola su questioni politiche che andrebbero trattate con una sensibilità maggiore. Il caso Dolce & Gabbana dimostra che, ancora una volta nel panorama del nostro paese, si dà rappresentanza a persone che con ogni evidenza nulla sanno di (omo)genitorialità. Fatto non nuovo, per i nostri media: si prende una star, la si pone di fronte a un problema su cui non ha nessuna preparazione teorica e la si lascia declamare verità assolute che si basano su tutta l’ignoranza di cui è capace. Si dirà “ma i due stilisti sono gay!” e anch’io a ben vedere ho studiato biologia al liceo scientifico, ma questo non mi autorizza a sentenziare su protozoi, anatomia o fotosintesi clorofilliana.

In passato sulla questione sono già stati sobillati luminari degli studi di genere, della pedagogia e della psicologia dello sviluppo quali Sabrina Ferilli, Lorella Cuccarini, un calciatore a scelta (possibilmente con qualche problema nell’uso del congiuntivo) e tutte le persone scomodate hanno ribadito la solita solfa: matrimonio no, meglio le unioni civili e mai sia l’adozione. Dolce & Gabbana chiudono questo cerchio fatto di ignoranza spacciata per buon senso. Chiara Lalli, in un suo articolo su Internazionale, ci spiega le ragioni per cui certe affermazioni dovrebbero solo farci inorridire, ma dubito diverranno cultura dominante in un paese in cui la massima rappresentazione dell’io coincide col selfie renzianamente inteso: far mostra di sé e del vuoto di cui si è capaci. Come D&G e le loro idee sulla questione, prontamente riprodotte da giganti della storia del pensiero contemporaneo quali Signorini e Malgioglio.

A questo contesto, tutto ad uso e consumo del gossip nostrano, fa da contraltare una situazione politica non meno tragica: a Reggio Calabria il sindaco piddino Falcomatà ha approvato una mozione che istituisce la festa della famiglia naturale; un emendamento al ddl che permetteva l’adozione ai single viene ritirato dalla sua stessa relatrice, Francesca Puglisi, per non scontentare gli alleati di governo (Ncd) e i cattolici interni al Pd, allarmati dal rischio di affidare i bambini ai gay; gli stessi cattolici dem, nel frattempo, fanno scudo contro le stepchild adoption e la reversibilità della pensione.

Insomma, a parole sono tutti contro l’omofobia e per la piena eguaglianza di eterosessuali e persone LGBT, purché queste ultime vengano poi discriminate nella sostanza.

Su questo ultimo punto faccio notare che la genitorialità e la reversibilità della pensione rappresentano due fatti di forte impatto simbolico: un figlio è ciò che ci dà continuità, dalla trasmissione del cognome a quella del patrimonio genetico; estendere al partner la pensione significa riconoscere, anche economicamente, la dignità di un rapporto affettivo. I cattolici mirano ad escludere tutto questo: due gay possono fare quello che vogliono, dentro la loro camera da letto. Ma non deve essere prevista nessuna continuità, nessuno slancio verso il futuro, nessuna prosecuzione nella storia e nel mondo. Non potendoci negare il presente, ci vietano il poi. O almeno ci provano.

I presupposti, quindi, a livello di dibattito culturale e politico, vanno nella direzione di creare l’ennesimo contentino per una comunità che chiede a viva voce piena uguaglianza. Vedremo, in questi giorni, come si comporterà il governo e se il Pd si confermerà un partito sostanzialmente omofobico (al netto di qualche registro simbolico votato qua e là) oppure se riuscirà a costruire una legge che farà salva la dignità di milioni di persone. Vedremo anche come si comporteranno, in tal senso, i gay e le lesbiche interne al partito, dagli Scalfarotto alle Alicata, chiamati a scegliere quale ruolo interpretare: se la solita foglia di fico o gruppo di pressione serio.

Concludo ricordando quanto segue: il fatto stesso che i figli e le figlie di persone LGBT ci siano, legittima la loro esistenza e li rende, indistintamente, degni di ogni rispetto. Chi non capisce questo non è molto lontano da chi, nei secoli scorsi, classificava gli esseri umani per genia e appartenenza e non in base al loro comportamento all’interno della società. Sappiamo dove portano certi percorsi, dal caso Mortara ai campi di sterminio. Poi ognuno scelga da che parte stare.

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