L’inchiesta su di lui era stata già archiviata, ma era stata riaperta nel giugno 2014 grazie ad alcuni elementi emersi nel corso dell’indagine contro ignoti su cui stava lavorando la Procura di Brescia.

Oggi una decina di perquisizioni sono state eseguite dal Ros dei carabinieri di Padova tra le province di Verona, Bologna e Brescia nell’ambito dell’inchiesta sulla strage di piazza della Loggia a Brescia, avvenuta il 28 maggio del 1974 per recuperare documenti e fotografie del veronese Marco Toffaloni, oggi 58enne, quand’era ragazzo, per raffrontarle con quelle di un giovane fotografato nell’immediatezza della strage.

Da alcuni accertamenti e da alcune testimonianze raccolte pare che Toffaloni fosse a Brescia la mattina del 28 maggio 1974 quando esplose la bomba in piazza della Loggia. Toffaloni, vive da anni con un’altra identità in Svizzera, dove risulta essere cittadino elvetico ed è già stato sentito nelle scorse settimane per rogatoria a Berna, presenti anche un magistrato italiano e il Ros. L’uomo, iscritto nel registro degli indagati della Procura dei minori di Brescia che lo accusa di concorso in strage, durante l’interrogatorio si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Toffaloni, che non aveva ancora compiuto 17 anni quando in piazza della Loggia scoppiò la bomba che uccise otto persone e ne ferì un centinaio, avrebbe confessato a un camerata di aver avuto un ruolo non marginale. L’attenzione degli inquirenti su Toffaloni, il cui nome era emerso già alla fine degli anni ’80, era scattata dopo le rivelazioni del collaboratore di giustizia Giampaolo Stimamiglio che, dopo essere stato sentito come teste dell’accusa nel processo di primo grado sulla strage davanti ai giudici della corte d’assise di Brescia si era rivolto ai pm Roberto Di Martino e Francesco Piantoni perché voleva “eliminare un peso” che lo accompagnava da diversi anni.

Ai magistrati che per più di sedici anni avevano lavorato sulla strage Stimamiglio raccontò di aver ricevuto alcune confidenze da Toffaloni. La confidenza era stata subito girata alla procura dei minori e il fascicolo era finito sul tavolo del procuratore capo che aveva chiesto una proroga d’indagine.

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