Addio signorine bon ton. Se c’è un fattore che accomuna le sfilate di Parigi è un abbandono dell‘eleganza classica, della rigidità dei volumi e dell’equilibrio delle forme in favore dell’imperfezione, del contrasto.
Silhouette lunghe e slanciate calcano la passerella di Dries Van Noten, che presenta una collezione ispirata alle donne che con il loro stile hanno lasciato il segno: da Jane Birkin ad Anna Piaggi, da Courtney Love a Marella Agnelli. Il gioco degli opposti, che alterna rock, arte, cultura e nobiltà. I tessuti sono belli e preziosi (pizzi, broccati, damaschi) utilizzati per infinite combinazioni.

Una miriade di dettagli caratterizza la collezione disegnata da Alessandro Dell’Acqua per Rochas, il marchio che celebra novant

‘anni ripescando la tipica stampa a volo di rondini, che fa capolino un po’ ovunque nella nuova collezione, un richiamo al passato glorioso su donne che guardano avanti, ma che conservano tutto il loro fascino parigino. Così sì a fiocchi, bottoni al centro dell’attenzione, gonne lunghe fino al polpaccio.
Raf Simons si ribella ai canoni dell’eleganza tipica di Dior e manda in scena una collezione selvaggia e provocatoria. Una collezione opulenta, che corre il rischio di sembrare volgare, senza mai superare il limite però. Così gli stivali in vernice sono stemperati dal colore e dai tacchi in plexiglass. L’animalier dei body e delle tute viene accostato a blazer maschili che rendono l’insieme estremamente sensuale. Il gioco del maschile e femminile è forte e serve a sdrammatizzare alcune scelte che diversamente sarebbero apparse eccessive.

Sarà la sorte, ma nello stesso giorno in cui Dior rompe col passato sfila anche Maison Margiela, che vede il ritorno alle sfilate di John Galliano. Il genio di Gibilterra, a quattro anni dalla sua ultima collezione per Dior, dopo lo scandalo degli insulti antisemiti, entra in punta di piedi e lascia parlare la sua moda. Lo stile è inconfondibile e nella collezione si sente tutto l’amore e il pathos di cui si sentiva la mancanza. L’inverno di Maison Margiela è tutto un colpo di scena, un cambio di rotta, un gioco di alternanze: gonne corte e maglie sottili a contrasto con i cappotti lunghissimi, indossati quasi come zaini, pelliccia e abiti mini. Ci ha portato in una galleria d’arte, in un supermercato, addirittura a una manifestazione di protesta. Quest’anno Karl Lagerfeld è andato oltre e per Chanel ha trasformato il Grand Palais in un’enorme brasserie, arredata di tutto punto, con tre bar, tre banconi, cento tavolini, barman e camerieri. Un lavoro mastodontico per portare in scena un numero infinito di pezzi. Circa cento uscite, in cui definire un unico stile sarebbe riduttivo. Ci sono le gonne in tweed, a tubo o svasate poco sopra il ginocchio, ci sono le giacche dei tailleur con ricami tridimensionali. E poi: cardigan, blazer, bomber dai volumi over, da indossare con abiti-sottoveste impalpabili.

L’ispirazione per Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli viene da Emilie Louise Flöge, compagna di Klimt, e Cecile Birtwell, moglie di Ossy Clark e musa di Hockney. Una collezione, quella disegnata dal duo di Valentino, che è un inno all’armonia e al virtuosismo. Gli accostamenti sono insoliti ma coerenti, come il maglione oversize in shetland indossato su gonne svasate al polpaccio o sugli abiti in pizzo e accostato al cappotto di feltro. Su tutto prevale il nuovo tessuto in patchwork di pizzo, brevettato dalla maison. Il finale poi è di quelli che rimarrà negli annali, con l’entrata in scena di Ben Stiller e Owen Wilson nei panni di Dereck e Hansel, i modelli svampiti di “Zoolander”. Una vera e propria ovazione dentro e fuori la passerella, con la rete in visibilio all’annuncio dell’uscita del sequel del film diventato un cult.

L’imperfezione è anche il cavallo di battaglia di Alber Elbaz. Per festeggiare i 150 anni dalla nascita di Jeanne Lanvin e i 125 della maison, lo stilista ha organizzato una sontuosa mostra al Palais Galliera che raccoglie cento creazioni ancora attualissime. La sfilata dedicata, invece, è un omaggio alle sue origini marocchine, con caftani lunghi e morbidi, tuniche colorate, cappotti, abiti lunghi di seta. Non ci sono taglie, tutto è comodo e rigorosamente non stirato. Errare è umano e lo stilista lo sottolinea con piccole imperfezioni qua e là che danno carattere all’insieme. La settimana della moda francese si chiude con Louis Vuitton, che sfila nella sua fondazione, nel cuore dei giardini del Bois de Boulogne. Circa cento uscite per una collezione, quella disegnata da Nicolas Ghesquière, che brilla per eleganza e colore. Trionfano le pellicce, rigorosamente ecologiche, nelle tonalità del bianco e del crema, che facilmente si abbinano agli abiti neri con inserti di pizzo o in pelle. Tocchi di giallo oro qua e la, nelle maglie e nelle giacchette corte in vita. Le linee sono pulite, i volumi non eccessivi, per una collezione semplice e sofisticata.

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