Non capita così spesso che il grande schermo parli contemporaneamente di tre dei linguaggi estetici che lo hanno forgiato: arte, musica e letteratura. Soltanto un giorno in sala è il colossale documentario ‘National Gallery’, il 4 e 5 marzo è stata la volta del vitale ricordo di Lucio Dalla con ‘Senza Lucio’. Mentre dal 12 è la volta di ‘Suite Francese’, trasposizione di un romanzo incompleto che ha taciuto per decenni in un cassetto dopo l’Olocausto

Un inedito album fotografico ritrae Lucio Dalla mescolando elegantemente le testimonianze di artisti e amici girate da Mario Sesti e musicate da Teho Teardo. La due giorni di marzo che ha visto Senza Lucio in 200 sale italiane ha la Tv al suo orizzonte: con il forte interesse di Sky Atlantic, la trattativa con la RAI, e la possibilità di allungare il minutaggio per la suddivisione del doc in puntate fino a un mini-format sull’artista bolognese. Quest’ultima è la possibilità che sta vagliando la Erma, produzione di questo piccolo miracolo distributivo. 200 sale per un doc da 2 giorni non sono poca cosa se si pensa che film simili viaggiano difficilmente oltre gli 80-100 schermi.
Poesia e vitalità non sono soltanto in luoghi magici come le Tremiti e le pendici nere dell’Etna, posti dell’anima di Dalla e del compagno Marco Alemanno. Sesti sceglie un’anticonvenzionalità non lacrimosa lontana da testimonial scontati. Qualche nome illustre quanto inaspettato sì, ma anche gente comune come la signora che gestiva la sua casa al mare, un barista confidente. E poi musicisti ancora persi tra le sue note, amici d’arte e di vita raccolti in un quadro solare che profuma di vita e passione più che di perdita. E le arie di Dalla diventano chiave di tutto nelle interpretazioni di artisti che hanno collaborato con lui.

La musica è l’espressione più profonda e istintiva dell’arte, ma salendo a galla si cercano immagini con lo sguardo. Allora la pittura, antica riproduzione visiva del mondo, viene esaltata in ‘National Gallery’, di Frederick Wiseman, Leone d’Oro alla Carriera a Venezia. Al cinema soltanto l’11 marzo, ma la programmazione si prolungherà per alcune città (per ora Saronno, Pordenone, Mantova e Lonato per singole date di proiezioni recuperabili dal sito del distributore Nexo Digital). La magia di questo grande documentario sta nell’altissima definizione delle inquadrature in UltraHD di opere tra Rinascimento e ‘800. La tecnologia avvicina allo spettatore anche le passate di liquidi nutrienti e pulenti da parte dei restauratori della Gallery, tanto da far quasi sentire l’odore delle cornici e delle storie che esse racchiudono. Wiseman impone una durata di 3 ore. Esplora molto e magnificamente, ma grazie al montaggio avrebbe potuto mostrare anche di più, o in tempo più breve. Ha il merito di concedere una visita virtuale quasi in piena regola portando lo spettatore per mano dietro le quinte della preparazione di una mostra, o nelle riunioni di bilancio quanto in visite con guide d’eccezione o tra le altre arti a omaggiare le tele. Tra queste, danza, musica e poesia.

In versi o in prosa dell’umano sentire, le parole scritte sono palpito, racconto, memoria, documento. Come quelle del romanzo incompiuto di Irène Némirovsky, vittima di Auschwitz. Sua figlia ne trovò l’ultimo lavoro soltanto nel 1990, pubblicandolo nel 2004: Suite Francese. La sua versione cinematografica è in sala dal 12 marzo. L’occupazione nazista negli occhi delle donne è il punto di vista stoico e fragile che affiora nitido dal film di Saul Dibb. Uno spaccato storico che in un paesino fuori Parigi durante la Seconda Guerra Mondiale vede l’ingombrante presenza tedesca inquinare la vita bucolica di uomini e donne. Amore e attrazioni tra le abitanti e gli occupanti sono inammissibili. Però qualcosa sfugge al controllo in questa grande storia sentimentale di fantasia, ma verosimile. La relazione tra Lucille (Michelle Williams) e Bruno (Matthias Schoenaerts) ruota tra sguardi rubati e fughe labirintiche a schivarsi tra le mura della grande casa della suocera di lei, la Madame Angellier di Kristin Scott Thomas. Matura e molto convincente. Qual è il reale prezzo di un amore in tempo di guerra? Lo sguardo di Dibb è descrittivo come il romanzo. Sembra indagare su questo interrogativo restituendo molto del pathos letterario ordito dall’autrice. Film raffinato e intrigante, completa questo terzetto di declinazioni artistiche in celluloide.

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