Ci stiamo credendo. Stiamo credendo che possa esistere una scuola democratica, laica, pluralista, nonostante tutto; che garantisca le pari opportunità per tutte le ragazze ed i ragazzi, indipendentemente dalla loro provenienza sociale ed economica. Ci stiamo credendo tutti insieme. Per la prima volta in 20 anni di attiva militanza in difesa della scuola statale ci crediamo insieme davvero. Studenti e docenti, ad armi pari, ciascuno attraverso le proprie specificità e in un contesto allargato e democratico.

Tutti insieme intorno ad un testo, quello della Legge di iniziativa popolare per la Buona Scuola per la Repubblica, oggi disegno di legge presentato alla Camera e al Senato da un gruppo di senatori e parlamentari di diversi schieramenti. Un testo che si contrappone radicalmente alle proposte renziane, contenute nella bozza del decreto legge, improvvisamente trasformato in disegno di legge, come arma di ricatto: io vi assumo i precari, ma voi accettate il preside manager, l’entrata dei privati nelle scuole, un decurtamento drastico del potere di acquisto dei vostri salari, già bloccati da 6 anni e legati a miserabili avanzamenti, molto inferiori agli scatti di anzianità previsti fino ad oggi. Vi beccate la scuola della valutazione (ma sono io che valuto e che decido cosa valutare); la scuola che avvia precocemente al lavoro gli studenti; la scuola senza democrazia interna, la scuola statale, che verrà opportunatamente penalizzata per concedere sgravi fiscali a chi deciderà per le paritarie, alle quali continueremo a dare finanziamenti, nonostante la Costituzione italiana non lo preveda. La scuola azienda, che ormai non è solo uno slogan, ma una concreta realtà.

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Contro questo modello l’Unione degli Studenti ha lanciato in una conferenza stampa alla Camera, martedì, la mobilitazione del 12 e le proprie controproposte, che tengono dentro i presupposti e l’articolato della Lip scuola, scritta nel 2006, attualmente in fase di aggiornamento, che raccolse le firme certificate di oltre 100mila cittadini. L’Altra scuola – il documento presentato – insiste particolarmente su alcuni punti: innanzitutto il diritto allo studio e l’abbattimento della dispersione; l’introduzione di un modello di autovalutazione che favorisca il protagonismo di tutte le componenti del mondo della scuola nell’individuazione dei punti di forza e di debolezza della realtà scolastica; la sostituzione della valutazione numerica con quella narrativa; un no intransigente ai finanziamenti alle paritarie e all’equiparazione di queste alla scuola statale, come previsto nel piano Renzi; il rifiuto dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione attraverso l’apprendistato; democrazia scolastica e particolare attenzione (e finanziamenti) all’alternanza scuola-lavoro (con una determinazione di un quadro di diritti e di tutele per gli studenti) e all’istruzione tecnico professionale.

Molti gli interventi, tra cui quelli di Pantaleo (Flcgil) e D’Errico (Unicobas) che, insieme alla Gilda, sostengono la Lip scuola, oltre a quelli di alcuni dei firmatari della legge. Le più significative, le parole di Maurizio Landini, che ha aperto una prospettiva importante: “Così come sul Job’s Act il Governo ha preso, copiando a mani piene, dalla proposta di Confindustria, allo stesso modo anche sull’idea di istruzione e di riforma della scuola stanno passando le idee di Confindustria”, cioè “un’idea di riorganizzazione della società totalmente sbagliata”. Bisogna rompere il tentativo di dividere, che sta muovendo le azioni del governo e aprire una discussione intensa e capillare con le forze sociali che non ci stanno ad avallare la tendenza “di un governo che, usando le parola ‘riforme’, sta cambiando i diritti fondamentali del paese senza nessun confronto con i soggetti interessati”.

Tendenza alla divisione artatamente amplificata dalla possibile decisione del governo di contrapporre i legittimi diritti e aspettative dei precari nei confronti di una stabilizzazione promessa e i diritti di lavoratori e studenti, attaccati dai provvedimenti molto probabilmente configurati nel ddl che verrà. Alla scuola si sta applicando, secondo Landini, “la stessa logica che ha portato a cancellare lo statuto dei lavoratori, una logica molto produttivistica”. Landini ha poi ribadito il “un collegamento molto stretto tra la battaglia per una scuola di qualità pubblica, che non venga privatizzata, e un’altra idea economica e sociale di sviluppo e produzione. Ciò vuol dire anche per un sindacato mettersi disponibili anche a cambiare idea, avere la consapevolezza dei limiti e degli errori che su questo versante sono stati fatti”. Uds e Comitato per il Sostegno alla Lipscuola – studenti e docenti –  saranno certamente in piazza il 28 marzo, nella manifestazione indetta dalla Fiom a Roma,  per suggellare questo patto, insieme ad altre forze sociali.

Intanto giovedì gli studenti dell’Uds scenderanno la mattina in piazza. Nel pomeriggio il Comitato per il Sostegno alla Lipscuola organizzerà incontri ed assemblee cittadine, mentre nella capitale – insieme agli Autoconvocati delle Scuole di Roma – ci sarà un presidio sotto Montecitorio in occasione del Consiglio dei Ministri che dovrebbe decidere (salvo ulteriori spostamenti, considerate le ultime, rocambolesche vicende) i contenuti del ddl.

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