A parole doveva diventare l’hotel dei sogni di Carrara: 150 camere, due ristoranti, discoteche, aree fitness, sala convegni, un parcheggio sotterraneo di 3.500 metri quadrati, tante promesse. L’allora giunta, guidata dal sindaco Alessandro Costa (Pci) si prodigò per rilasciare in un batter d’occhio le autorizzazioni di costruzione. Senza pensarci tanto. E il sogno venne finanziato, in parte, con i fondi per Italia ’90. Nonostante la partita più vicina si giocasse a 110 chilometri di distanza, a Genova, il ministro del Turismo e dello Spettacolo Franco Carraro stanziò per quel progetto oltre 8 miliardi delle vecchie lire, anche se poi ne furono erogati “solo” due. Sono passati 27 anni e di campionati mondiali di calcio ne sono stati disputati sei. Ma il Carrara Marble Hotel non è ancora pronto. Forse non lo sarà mai. In mezzo non solo una costruzione compulsiva che non ha portato a niente se non a una carcassa fatta di tubi e impalcature malmesse. Ma anche un omicidio irrisolto che ha l’odore di criminalità organizzata: uno dei soci del direttore dei lavori fu fatto saltare in aria con del tritolo caricato in auto.

Il biglietto da visito al casello dell’autostrada
Oggi è un bestione in cemento di cui si vede solo lo scheletro. La struttura è ricoperta di tubi Innocenti da ormai troppi anni. Una gru è allungata sul nulla. Il garage è allagato con due metri di acqua e qualcuno giura di averci visto anche dei pesci. Il cantiere c’è, ma è abbandonato. Ogni anno si sente parlare di “svolta” e di “conclusione lavori”. Ma l’unico segno di vita sono le erbacce che lentamente crescono e se lo divorano. E’ stato costruito a ridosso del casello autostradale: un biglietto da visita non da poco in una città che conta una serie di questioni ambientali: la controversa escavazione del marmo (con il conflitto tra tutela dell’ambiente e tutela del lavoro), ma anche la cementificazione sui corsi d’acqua sulla quale c’è un’inchiesta della Procura dopo l’alluvione (l’ennesima) dell’autunno scorso.

Un albergo senza porta
Al centro di tutto sembra esserci l’accesso “che non c’è”. In altre parole: l’hotel è stato costruito, ma non ci si può entrare. L’unico accesso è nella parte posteriore, attraverso un viottolo, non proprio azzeccato per una struttura a 4 stelle e tanto meno per i pullman. Ma la vicenda appare più complessa, a tratti nebulosa. E, alla fine, sembra proprio una storia di “cemento all’italiana”: cantieri aperti in maniera impulsiva e compulsiva, senza nessun criterio logico se non quello dei soldi. Nonché di amministrazioni negligenti o forse solo compiacenti. Il nome del Marble Hotel è finito in numerosi fascicoli della Procura di Massa.

Il socio salta in aria con il tritolo
Uno aperto addirittura per omicidio: quello dell’ingegnere Alberto Dazzi, socio dell’architetto Silvestro Telara, direttore dei lavori e anima del progetto del Marble Hotel. Dazzi venne ucciso con un’auto carica di tritolo nel maggio del 1991. Le indagini seguirono due piste: quella anarchica (poiché era il proprietario dello stabile dove era situata la sede della Fai) e, quella più accreditata, della criminalità organizzata. L’ingegnere infatti – stando alle relazioni dei carabinieri – bazzicava i locali della Versilia frequentati da esponenti della Banda della Magliana. Non solo: la proprietà dell’hotel, che prima era in mano solo alla Scaviter di Clemente Benedetti (proprietario del terreno), in un secondo momento passò a un consorzio dove l’82% delle quote era della Orcagna Costruzioni, la quale, sempre secondo gli investigatori, era riconducile al mondo della camorra abile a inserirsi nelle maglie larghe delle commissioni per l’erogazione dei fondi di Italia ’90. Tuttavia le prove erano insufficienti e l’omicidio Dazzi è rimasto senza un colpevole.

La rotatoria mai fatta e l’inchiesta dei magistrati
Ma la storia del Marble Hotel parla da sola. Tutto inizia nel 1988. Il cantiere apre in tutta fretta e arriva subito la prima tranche di soldi pubblici. Nel frattempo il consorzio si accorge che l’hotel era proprio accanto al casello autostradale e che non era possibile accederci. I lavori vanno avanti e arriva la seconda tranche. Intanto il consorzio incomincia a chiedere una nuova viabilità. L’amministrazione approva, sempre con tanta fretta, una delibera con oggetto la variante al piano regolatore. E qui, parte un’altra inchiesta della Procura. L’allora procuratore Duino Ceschi sostiene che quel tipo di variante si potesse approvare solo per casi eccezionali “di pubblico interesse” (e non è questo il caso) e che nella delibera si faccia apparire un concordato con Salt (società che gestisce l’autostrada) per la realizzazione di una rotatoria inesistente. E tutto – sostiene il magistrato – per far ricevere i fondi dei Mondiali alla Scaviter di Benedetti. Vengono accusati di abuso d’ufficio e truffa l’assessore all’urbanistica Paolo Bugliani (Pds) e il dirigente comunale Claudio Varriani, oltre a Benedetti: sono prosciolti tutti. Ma alla fine la Salt non realizza la rotatoria che avrebbe permesso l’accesso all’hotel.

La ripartenza degli anni Duemila
Le ultime tranche del finanziamento quindi saltano, i lavori si fermano, il consorzio dichiara il fallimento e il Marble Hotel va in mano alla Monte dei Paschi di Siena che lo vende all’asta. Dopo vendite all’incanto andate deserte, nel 2003 la struttura viene acquistata per 2,3 milioni di euro dalla Versil Home, carica di aspettative. I cantieri riaprono: arrivano ponteggi, gru e speranze. Ma poco dopo si riferma tutto. E sempre per l’accesso che non c’è. Salt prima lo nega, poi sostiene che debba realizzarlo il Comune. Il Comune dice “sì, ma non ho soldi”. La Versil Home allora si offre di accollarsi le spese. Ma a questo punto il Comune sostiene che la competenza sia di Salt. “Il Comune ha fatto tutto quello che poteva fare”, sostiene il vicesindaco Andrea Vannucci. La partita di ping pong non è ancora finita e da almeno due anni tutto tace. “Non possiamo terminare i lavori senza la garanzia che poi quella rotatoria venga veramente realizzata”, chiarisce a ilfattoquotidiano.it la società, che da anni si svena per sbloccare i lavori. “Certo, abbiamo pensato anche di vendere – continua – Ma non possiamo non dire ai possibili acquirenti che l’hotel non ha un accesso”.

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